Gianni Minà su Lula
Devo sinceramente confessare che anch'io feci amara ironia sul governo Lula, dopo più di un anno che egli era in carica. Non perchè appartenga manco lontanamente alla sinistra "riformista" europea di cui Gianni Minà parla in questa intervista, ma perchè spinto da alcuni dati e da opinioni di Joao Pedro Stèdile (leggere un suo articolo a proposito qui), voce autorevolissima del Brasile, che parlava di economia neo-liberista, mancata riforma agraria, terratenientes e situazioni da medioevo in crescita. Dato aggiuntivo, Lula piaceva e piace a D'Alema. Non avendo D'Alema niente a che fare con il pensiero di sinistra, se non per la sigla del suo partito, era l'ultima goccia che dissacrava l'illusione Lula. D'altro canto, ricevo adesso per email un'intervista rilasciata da Gianni Minà su Lula solamente tre giorni fa, a Gianluca Ursini di Peacereporter. Inchinandomi come sempre al sapere e l'onestà di un grande giornalista come Minà, non rimane che leggere quest'analisi dell'attualità brasiliana e, successivamente, approfondirla.
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Brasile - 27.1.2005
Il vento di Lula
Gianni Minà interviene su Lula: "E' la vera svolta"
-Cominciamo dalle perplessità sull'operato di Lula, che hanno manifestato anche sociologi ideologicamente vicini al presidente come Emir Sader. Cosa ne pensa?
Sader è un tipo molto duro, un trotzskista, comunista vecchia maniera, che non approva le mezze misure. Vorrebbe fare la rivoluzione. Ma se governi un Paese grande come un continente, con quasi 200 milioni di persone, dove la prima cosa da fare è dare loro da mangiare, la seconda è curarli e la terza è dare loro una casa che non sia di fango, è chiaro che sei costretto ad andar piano. Il Fondo Monetario Internazionale è un ente criminale che può ammazzare chiunque, anche un Paese come il Brasile.
-Un ente criminale?
Certo. Ormai lo dico a tutte le conferenze. Il Fmi è un ente criminale. Le sue famose 'ricette economiche' possono distruggere milioni di persone. La gente si può ammazzare con i cannoni, ma anche con le banche. Sfido a smentirmi.
-Quindi non condivide l'analisi di Sader?
Non condivido l'idea così radicale di Emir Sader, anche se capisco la sua ansia. Ma il solo fatto che adesso in Brasile ci sia una democrazia compiuta, in cui sta tramontando l'impunità, in cui vengono perseguiti i guardiaspalle dei 'terratenientes' che fino a due anni fa ammazzavano senza conseguenze i 'Sem Terra', è una grande svolta. Prima di Lula la polizia privata ammazzava i sindacalisti 'siringueros' - i raccoglitori di caucciù - come Chico Mendes, adesso non è più così. L'impunità è finita! Eccolo il risultato più immediato dell'elezione del presidente operaio. E ricordiamo che certe conquiste sono faticose. Certo sono passati due anni e ancora non ha fatto la Rifoma agraria! Ma la farà, non si può dubitarne. La farà, perché è la promessa più solenne mai fatta durante la sua rincorsa alla presidenza. E' che in un Brasile in cui ancora ci sono zone rimaste al medioevo, in cui ci sono signorotti feudali, fare una riforma agraria come si deve è una questione complessa. Non dimentichiamoci che in Europa la riforma agraria risale a fine '800, vale a dire oltre tre secoli dopo la fine del medioevo. E' dunque un problema non indifferente e ci vuole tempo per risolverlo concretamente.
-E tutto lo scetticismo di certa parte della sinistra europea da dove viene, allora? [...]
C'è da dire una cosa, di cui mi prendo tutta la responsabilità: quella certa parte di sinistra che si definisce "riformista" - un vocabolo che non so cosa voglia dire nel concreto - non ha mai sopportato la sinistra latinoamericana. Quella latinoamericana è troppo più fattiva. È passata da così tante esperienze: dalla lotta armata alle repressioni più feroci del XX secolo - persino più feroci dello stalinismo, oserei dire - e non accetta le esitazioni di quella che chiamiamo sinistra in Europa. Questa sinistra ha accolto con un certo sarcasmo perfino il fatto che fosse stato eletto presidente del Brasile un operaio. Puntava, infatti, su Serra, ministro della salute nel precedente governo di Henrique Cardoso, non su Lula. E perché questo favore verso Cardoso? Perché da giovane era stato un sociologo marxista. Nulla importava che poi avesse accettato di sedersi al timone di un governo di centro-destra, colluso con i "terratenientes" che uccidevano i "Senza Terra". Questa è la stessa sinistra che ha dovuto accettare la vittoria di Lula col sorriso, ma che non l'ha mai amato. È salita sul carro del vincitore all'ultimo, scegliendolo quale unico uomo di sinistra latinoamericano da digerire. Tutte le altre esperienze in piena evoluzione, infatti, che stanno sconvolgendo i piani degli Usa, non sono assolutamente ben viste dalla sinistra europea. Vedi tre esempi eclatanti: il Venezuela di Chavez, messo a dura prova dai referendum di popolarità architettati dall'opposizione e sempre vinti in scioltezza. L'Uruguay, dove ha appena vinto Tabaré Vazquez, assicurando al Paese un governo di sinistra del tutto avverso alle mire Usa. E infine, le rivolte popolari in Bolivia capeggiate dai leader indigeni per impedire la svendita delle risorse naturali, come il gas, alle multinazionali statunitensi. Ecco, verso tutto questo c'è l'incomprensione più assoluta. Non capiscono cosa stia succedendo in America Latina. Ecco dove colloco l'atteggiamento ironico nei confronti di Lula.
-Perché non viene capita l'importanza per il Brasile di avere Lula al timone?
Lula rappresenta una svolta clamorosa. Il Brasile è un Paese che ha visto una dittatura, tanti governi corrotti. È un Paese che ha visto finti presidenti di sinistra come Cardoso. Il presidente operaio è il cambiamento radicale. Certo, forse in politica economica Lula sta proseguendo la stessa strada del suo predecessore, ma come svincolarsi in un batter d'occhio dall'abbraccio della Banca Mondiale e del Fondo Monetario? E' grazie a lui, ripeto, che sono tramontate le impunità, e che sono state avviate operazioni sociali del livello di Fame Zero. Per questo non sono d'accordo con chi critica duramente e in toto il suo governo. Certo non chiudo gli occhi. Mi rendo conto che anche Frei Betto, consigliere del presidente, a un certo punto si è sentito in difficoltà in questo governo e si è ritirato, ma non per questo adesso getta la croce su Lula.
-Quindi, diamo ancora fiducia a Lula e speriamo che venga rieletto?
Certo. Non dimentichiamo che se cade l'esperienza Lula, per il Brasile non ci sarà perlomeno per altri 50 anni la possibilità di vedere l'area progressista governare a Brasilia.
-Non esiste alternativa a Lula?
No. Lula ha una storia politica di 20 anni. Ha fondato il Pt, che è il più grande movimento di sinistra del continente latinoamericano. Come trovarne un altro? Negli anni Ottanta, Lula capì che la sinistra tradizionale sarebbe stata incapace di competere con le forze conservatrici brasiliane e fondò quindi un raggruppamento alternativo che appunto è diventato il partito dei lavoratori più grande del continente. Ha raggruppato tutti i movimenti d'opposizione. Una grande esperienza. Un grande uomo.
-Ma Lula ha un difficile equilibrio da mantenere nel suo governo?
Non si deve dimenticarlo! Nell'esecutivo, il ministro all'Economia è Palocci, ex governatore del Banco centrale brasiliano. Un uomo certo non inviso al Fondo Monetario e alla Banca Mondiale. Difficile conciliare Palocci con la sindachessa di Fortaleza, neo eletta, appartenete all'ala critica a Lula del Pt. Non è semplice far conciliare queste anime così diverse.
-A livello internazionale, si può parlare di "effetto Lula"?
Con l'avvento di Lula s'è accodato un intero mondo. Prendiamo Kirchner in Argentina, per esempio. Un peronista del sud, lontano dalla corruzione di Buenos Aires e dai giochi alla Menem che, una volta eletto, ha preso una linea progressista copiata da Lula. Poi consideriamo Chavez o il Frente Amplio in Uruguay, o i movimenti indigeni, non solo in Bolivia, ma anche in Ecuador, dove hanno affrontato il presidente Gutierrez che s'è rimangiato le promesse di sinistra per soddisfare gli interessi statunitensi. E' stato il vento di Lula ad alimentare questi movimenti. Il vento di sinistra. Il Pt di Lula, il Frente amplio uruguagio hanno messo in atto la vera democrazia partecipativa, dimostrando che può non essere solo uno slogan. È qualcosa che si realizza giorno dopo giorno in molti stati, città, comuni e pueblos del Brasile. Il Pt può anche aver perso Porto Alegre - per le solite lotte interne della sinistra - ma governa molte più città e stati rispetto a quando Lula non era presidente. Avranno anche perso San Paolo alle recenti amministrative, ma hanno conquistato altre cinque grandi città. Per questo dico che bisogna andare piano nel giudicare.
Gianluca Ursini