venerdì, novembre 30, 2007

Il caso Northern Rock? Senza fondo..

CITY FURBETTA - LA GRANDE CRISI DELLA NORTHERN ROCK ERA SOLO UNA TRUFFA: LA BANCHE ERA CONTROLLATA DA UN FONDO OFF-SHORE, FORMALMENTE PER BENEFICENZA, IN SOSTANZA PER NON PAGARE LE TASSE…

Enrico Franceschini per “la Repubblica”

Quando mezza Inghilterra ha dato l´assedio agli sportelli della Northern Rock, qualche settimana fa, sembrava che il problema di una delle principali banche britanniche specializzate in prestiti per la casa fosse una crisi di liquidità, conseguenza della stretta creditizia che ha colpito i cosiddetti "mutui troppo facili", ovvero concessi con speculazioni ad alto rischio, in America e in Europa.

E la crisi era apparsa risolta, dapprima con il controverso intervento della banca centrale, che ha infuso 25 miliardi di sterline nelle casse della Northern per salvarla da un fallimento che minacciava di gettare nel panico tutto il sistema bancario nazionale, quindi con le trattative per il rilevamento e la rimessa in sesto della Northern da parte di altre banche o investitori, con il gruppo Virgin dell´imprenditore miliardario Richard Branson balzato apparentemente in prima fila negli ultimi giorni come candidato preferito dal consiglio d´amministrazione della banca e dalle autorità.

Ma ora un nuovo scandalo getta un´ombra ancora più maligna sulla Northern Rock, e in senso più ampio sul mondo finanziario anglosassone: il Guardian di Londra ha scoperto che la banca era controllata da un misterioso fondo off-shore con sede nelle isole Jersey, il quale è stato formalmente creato a beneficio di associazioni di carità, e in particolare di un piccolo istituto per bambini disabili affetti dalla sindrome di Down situato a Newcastle. In cambio, la banca godeva di forti agevolazioni fiscali. Ma non basta: nessuno alla Northern Rock aveva mai informato l´istituto di carità che esso era un suo beneficiario e l´istituto non aveva mai ricevuto neppure un penny dalla banca o dal fondo.



La vicenda è finita ieri in prima pagina sul quotidiano londinese, sollevando un polverone di accuse, giustificazioni e polemiche che dipingono il mondo finanziario come un avido Scrooge, l´avaro riccastro disegnato dalla penna di Charles Dickens nel suo celebre romanzo La ballata di Natale. Messa di fronte all´evidenza dei fatti dal Guardian, la Northern Rock ha ammesso "l´errore", si è scusata con l´associazione di carità e ha promesso di fare delle donazioni a suo favore in futuro, pur lasciando tempi e modalità nel vago.

La Commission Charities, l´organismo governativo che sovraintende al settore delle organizzazioni a scopo di beneficenza, ha immediatamente aperto un´inchiesta. Se verrà provato che Granite, il nome del fondo off shore a capo della Northern Rock, ha commesso una "frode d´identità" impadronendosi del nome di un istituto di carità a insaputa di quest´ultimo, la magistratura potrebbe aprire un´inchiesta giudiziaria.

Un parlamentare laburista, Jim Cousin, ha chiesto l´apertura di udienze alla camera dei Cominu per «fare piena luce su un´imperdonabile imbroglio». L´offerta di acquisto per la Northern Rock avanzata da Richard Branson, che due giorni fa appariva vicina a essere conclusa, rischia di saltare. E il sospetto che cinici banchieri sfruttino la legge a proprio vantaggio, anche sulla pelle di bambini disabili, pesa come un macigno sulla reputazione dell´intera City di Londra.

Per sette anni, mentre la Down´s Syndrome North East, questo il nome della piccola associazione di carità per bambini disabili, raccoglieva minuscole somme di denaro da donatori individuali, come un uomo che ha girato tutti gli Stati Uniti in bicicletta per raccogliere poche centinaia di dollari e una scuola di Middlesbrough i cui scolari hanno raccolto 100 sterline, gli assistenti volontari dei bambini sofferenti della sindrome di Down erano totalmente ignari di essere i beneficiari ufficiali di un fondo che nello stesso periodo ha raccolto 71 miliardi di sterline sui mercati finanziari e che lo scorso anno ha goduto di un profitto di quasi due miliardi di sterline, circa tre miliardi di euro.


Dagospia 29 Novembre 2007
http://dagospia.excite.it/articolo_index_36205.html

Piccoli IGB crescono..

Corriere della Sera: http://www.corriere.it/cronache/07_novembre_29/luigi_berlusconi_969a0bb0-9e4b-11dc-9968-0003ba99c53b.shtml


Dinasty italiane L’ultimogenito del Cavaliere e gli eredi delle grandi famiglie

«Niente tv, da grande farò il banchiere»

Luigi Berlusconi si racconta a «Style»: ho tanti amici di sinistra

MILANO — «La televisione? No grazie, per ora non è la mia strada. Meglio la finanza». Non ha ancora vent’anni ma ha le idee già chiare Luigi Berlusconi, il più giovane dei cinque figli del Cavaliere. Venti centimetri di altezza in più del celebre papà, fresco iscritto alla Bocconi (dove va accompagnato dalla scorta, «all’inizio c’era un po’ di curiosità, ma adesso è passata»), uno stage di un mese in una banca d’affari a Londra l’estate scorsa, che, dice, gli «ha aperto gli occhi» sul futuro: il piccolo di casa sta per spiccare il volo. Sulle orme di papà? Non proprio. «Il mondo della comunicazione è affascinante—spiega in un’intervista esclusiva a Style ("è la prima che faccio, sono emozionato, mi incepperò"), in edicola domani con il Corriere della Sera —. Mi piace sentire mio fratello parlare del suo lavoro: ci mette un tale entusiasmo». Lui però sceglie l’alta finanza («mi appassiona davvero») e ammette: «Quando penso al mio futuro lavorativo lo vedo sempre collegato all’impresa di famiglia: è una questione di responsabilità». Luigi Berlusconi come Giovanni Moratti, o come Giulia Zoppas, o Eleonora Stefanel.

Segni particolari: belli, vent’anni o giù di lì e un cognome che parla da solo. Eccoli i «saranno famosi» del jet set di casa nostra, l’ultima generazione di figli di (illustri) papà, eredi under 30 delle grandi dinasty all’italiana. Si raccontano a Style e tutti (o quasi) giurano di non aver mai fatto ricorso al cognome di papà per sottrarsi a qualche spiacevole incidente (o magari per non fare la fila al ristorante). Anche se la tentazione c’è. Tutti girano il mondo tra master e stage ma, tra dieci anni, si vedono al lavoro, molti nell’azienda di famiglia. Privilegiati? Probabilmente sì. Anche se, a sentire loro, quello che di più importante gli ha insegnato la famiglia non ha a che fare con i soldi: «Il rispetto per gli altri, anche se hanno posizioni opposte alle tue» (Giovanni Moratti), «la curiosità » (Antonio Mazzotta), «una regola di vita: honesty is the best policy» (Michela Catricalà), «che un amore può durare anche tutta la vita» (Giulia Zoppas).

E Berluschino? Lui accompagna i malati a Lourdes (è volontario nell’Ordine di Malta) e pensa a studiare, agli amici (anche comunisti? «Proprio di Rifondazione no, però tanti di sinistra»), alle sorelle («ci siamo tirati i capelli, è ovvio, ma siamo legatissimi») e alla fidanzata Francesca («il nostro rapporto dura da tre anni e mezzo, siamo molto sinceri l’uno con l’altra»). Ha conosciuto Tony Blair ma di lui l’ha colpito «soprattutto il suo senso religioso ». Intanto, però, a 19 anni ha già un posto nel consiglio di amministrazione della Mediolanum. Con i nipoti Gabriele e Silvio (5 e 3 anni, figli di Marina) e il piccolo Alessandro (un mese scarso, figlio di Barbara) sorride nel salotto della villa di Macherio. L’ultima generazione Berlusconi, pronta a conquistare un posto nel mondo. Nel nome di papà.

Giulia Ziino
29 novembre 2007

mercoledì, novembre 21, 2007

Lingotti d'oro crepati alla Banca d'Inghilterra

da: http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2007/09_Settembre/29/lingotti_londra.shtml


L'intera riserva valutata in 320 tonnellate ha un valore di 6 miliardi di euro

Lingotti d'oro crepati alla Banca d'Inghilterra

Il fenomeno dovuto forse a una contaminazione del metallo. L'istituto londinese: «E' solo l'azione ossidante del tempo»


DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

LONDRA — Allarme alla Banca d’Inghilterra. Alcuni dei lingotti d’oro custoditi nella sua sacrestia sotterranea presentano fessure e crepe. Secondo esperti consultati dalla rivista Metal Bulletin, bibbia del mercato dei metalli, il fenomeno potrebbe essere dovuto a una contaminazione dell’oro usato per le barre, i lingotti e le monete che rappresentano la riserva del Tesoro di Sua Maestà. Dopo che per anni le voci erano circolate senza alcuna possibilità di controllo nella City, finalmente in base al Freedom of Information Act è arrivata una risposta dalla Bank of England. «Non si tratta di carenza di purezza, ma di apparenza fisica e non è un grosso problema» ha detto un funzionario della Old Lady di Threadneedle Street (questo è il soprannome popolare della venerata istituzione fondata oltre tre secoli fa).

La banca centrale di Londra insiste che il suo oro è puro al 99,9 per cento e il deterioramento osservato è dovuto solo all’azione ossidante del tempo: parte della riserva, valutata oggi in 320 tonnellate per un valore di mercato di circa 6 miliardi di euro, fu importata dagli Stati Uniti tra il 1930 e il 1940. Un portavoce ha rassicurato che l’oro deteriorato potrebbe essere comunque affidato a un impianto di raffinazione per essere fuso e trasformato in nuovi lingotti. Non sono stati forniti dati sulla quantità delle riserve che ha presentato il «piccolo problema di invecchiamento». Ma coloro che nutrono sospetti insistono che le fessure potrebbero essere il sintomo di contaminazione all’origine con altri metalli di base e avvertono che nella stessa situazione si potrebbero trovare i tesori conservati da altri banche centrali europee.

La Bank of England tiene l’oro per conto del Tesoro. La maggior parte delle 320 tonnellate è in barre che pesano tra i 10.9 e i 13.4 chili, valore tra i 258 mila e i 317 mila dollari l’una. Il governo ha una riserva aurea e in valuta estera che viene mantenuta per sostenere il corso della sterlina in tempi di instabilità dei mercati. Una pratica comune a tutti gli istituti centrali del mondo. In teoria, in tempo di guerra, le riserve potrebbero essere impiegate per finanziare importazioni d’emergenza di materie prime e beni strategici. La banca fu fondata nel 1694 dallo scozzese William Paterson proprio per finanziare le guerre di Sua Maestà, al tempo ricorrenti.

La sede della Bank of England, un palazzo nel cuore della City, appare come una sorta di fortezza circondata da mura senza finestre. Fino al 1973 era difesa da un distaccamento dell’esercito che pattugliava il perimetro esterno. Il forziere sotterraneo è stato sempre considerato impenetrabile. Ma nel 1836 il governatore ricevette la lettera di uno sconosciuto che sosteneva di aver trovato una via segreta d’accesso. L’anonimo sfidò i dirigenti della Banca dando loro appuntamento all’interno: e mantenne la parola facendosi trovare puntuale sul posto. Era un operaio della rete fognaria che aveva trovato un varco. Secondo la leggenda fu ricompensato per l’informazione (e per non averne approfittato) con 800 sterline.
Guido Santevecchi
30 settembre 2007