giovedì, maggio 12, 2005

Povero Fazio, povero concertista...

IL RETROSCENA.
La Consob ha sconfessato la Banca d'Italia
Antonio Fazio è preoccupato per le prospettive
La partita del Governatore
e le regole da cambiare
In una lettera di Palazzo Koch l'indizio sugli acquisti concertati
di MASSIMO GIANNINI

IL "CONCERTO" c'è stato, ed è finito male. Ma adesso che ne sarà del "direttore d'orchestra"? "Intellectum illuminat, affectum sanat, totum hominem in bono confortat... ". Filosofeggia. Si consola citando San Tommaso, e l'idea alta del "bene comune" secondo l'Aquinate. Ma è inutile girarci intorno. Per Antonio Fazio la decisione della Consob, che ha scompaginato i piani della cordata Fiorani-Gnutti-Lonati-Coppola per il controllo dell'Antonveneta, è un colpo durissimo.

La Commissione guidata da Lamberto Cardia sarà pure intervenuta con un qualche ritardo e una certa titubanza. Ma adesso si capisce il perché. Il titolare della Vigilanza borsistica, denunciando l'esistenza dell'"azione concertata" tra i soci riuniti intorno alla Popolare di Lodi e imponendo l'obbligo di una contro-opa in contanti e migliorativa rispetto a quella dell'olandese Abn-Amro, ha nei fatti sconfessato il governatore della Vigilanza bancaria, che di quella stessa "azione concertata", volente o nolente, ha dato l'impressione di essere l'ispiratore.

La Banca d'Italia, oggi più che mai, è un fortino impenetrabile. Nessun commento sulla decisione della Consob. Nessuna indicazione sulle prossime mosse di Palazzo Koch. Chi ha parlato con il governatore, in queste ore, lo descrive "sereno" sull'operato dell'Istituto, ma anche "preoccupato" sulle prospettive che si aprono adesso. Per il destino dell'Antonveneta, la banca scalata. Ma a questo punto anche per il futuro della Popolare di Lodi, la banca che scala. "Sul piano finanziario, siamo di fronte a una situazione eccezionale: su una stessa banca, nello stesso momento, pendono un'Opa dell'Abn, una Ops della Bpl, e ora una contro-Opa imposta dalla Consob. Sul piano giuridico, siamo di fronte a una situazione anomala: tutto è nelle mani del giudice...". Il Tar, al quale Fiorani ha già annunciato il ricorso. Ma anche le Procure di Roma e Milano, che dal 2 maggio indagano sulla scalata. "Non resta che attendere", è la linea di Via Nazionale. Ma è difficile, a questo punto, non addebitare proprio alla Banca d'Italia la responsabilità di questa situazione, "eccezionale" e "anomala". È impensabile, a questo punto, trascurare il legame troppo forte che Fazio in questi mesi ha intessuto proprio con Fiorani, a tutto danno del prestigio di un'istituzione che è insieme organo di garanzia e presidio per la democrazia. È innegabile, a questo punto, non constatare quanti guasti abbia prodotto, sul piano della credibilità del mercato, un rapporto così assiduo tra l'arbitro e un solo giocatore della partita sulle banche.

Nessuno è in grado di capire cosa sia successo, da quel famigerato sabato pomeriggio di tre mesi fa. Era il 12 febbraio, e alla fine del convegno annuale del Forex il governatore se ne andò a spasso per le vie di Modena, sotto braccio a Fiorani e a Emilio Gnutti. Una passeggiata "strana". Ma plasticamente simbolica, visto il sostegno che la Banca d'Italia, da allora, ha concesso al patron della banca lodigiana e ai suoi amici, nella battaglia per il controllo dell'Antonveneta. Non c'è stato passo compiuto in questi mesi da Fiorani, che non abbia ottenuto il timbro di Via Nazionale. Due le ultime visite conosciute del banchiere padano a Palazzo Koch. La prima il 5 aprile, quando si trattiene da solo per un'ora nell'ufficio di Fazio, al termine dell'incontro rituale con tutti i leader delle maggiori banche del Paese, e intanto in Borsa si registrano volumi d'acquisto sempre più massicci sui titoli Antonveneta. La seconda il 20 aprile, due ore di colloquio, proprio nel giorno in cui anche l'Antitrust dà disco verde all'Opa di Abn, e la Bpl annuncia di aver raggiunto il 26,4% nel capitale dell'Antonveneta, mentre passa ai blocchi un altro 6,7%.

Di fronte a queste accuse di palese "partigianeria", giustificata ora con l'esigenza di "difendere l'italianità", ora con la necessità di "assicurare la stabilità del sistema", il governatore si è sempre schernito. "Io non convoco nessuno, sono i banchieri e gli intermediari che vengono qui, per informarci sui progetti che hanno". Ma dopo l'offensiva a colpi di offerte pubbliche in moneta sonante, aperta sul libero mercato dagli olandesi su Antonveneta e dagli spagnoli di Bbva su Bnl, il governatore non ha mai fatto mistero della sua manifesta propensione verso soluzioni diverse, preferibilmente concordate e possibilmente "domestiche". Secondo molti, Fazio avrebbe anche colto l'occasione della battaglia delle Opa per ridefinire i rapporti di forza nel sistema finanziario (e quindi industriale) del nostro Paese. Incrinato proprio a causa della partita Antonveneta il suo storico asse di ferro con Cesare Geronzi, per anni "esecutore materiale" dei processi di ristrutturazione bancaria ideati da Via Nazionale, il governatore avrebbe scommesso proprio su Fiorani come erede ideale di questa "cinghia di trasmissione" dei poteri creditizi.

Ma ora, in attesa delle iniziative della magistratura milanese, la Consob getta una luce inquietante sulla vicenda. Nelle 27 cartelle dell'"atto di accertamento" sulla scalata all'Antonveneta, Cardia svela tute le tappe di un "concerto", quello tra Fiorani e i suoi alleati, che sarebbe iniziato addirittura nel novembre 2004. Il meccanismo è sempre lo stesso: la Popolare di Lodi erogava crediti ai finanzieri "amici" (da Gnutti a Lonati, da Ricucci a Coppola) che li impiegavano per comprare azioni Antonveneta. In sei mesi l'attacco è tambureggiante, e come scrivono i commissari Consob si sviluppa "sempre con modalità operative tali da consentire, mediante l'esecuzione di attività coordinate, che le azioni messe in vendita fossero acquistate sempre da soggetti predeterminati". La Banca d'Italia sapeva? Anche su questo, Fazio ha sempre negato tutto: "Noi - è la linea ripetuta da tempo a Palazzo Koch - rispettiamo le leggi e le regole del mercato. Non abbiamo mai privilegiato nessuno. D'altra parte, non abbiamo forse dato via libera anche all'Abn?". L'autodifesa si presta ad almeno due obiezioni. La prima: l'indizio che Bankitalia sapeva lo ha fornito Repubblica, che domenica primo maggio ha pubblicato la lettera con la quale l'Istituto, il 14 febbraio, aveva autorizzato Lodi a salire fino al 14,9% di Antonveneta. In quella missiva si parla della Bpl come "soggetto individuato" da alcuni imprecisati soci della banca padovana per "coordinarsi... allo scopo di raggiungere nuovi equilibri di governance". Più chiaro di così. La seconda obiezione: è vero che c'è stato il via libera all'Opa olandese, ma mentre i vertici di Palazzo Koch hanno impiegato sempre poche ore per dare ogni volta disco verde a Fiorani, Abn ha dovuto aspettare più di un mese, tra la notifica dell'Opa (inoltrata il 18 marzo) e l'autorizzazione a salire al 30% (effettivamente concessa solo il 27 aprile).
Cosa resta di buono, sul mercato, di queste manovre che la Banca d'Italia, magari anche suo malgrado, ha finito per avallare? Fiorani dovrebbe lanciare una contro-Opa. Secondo calcoli grossolani, per renderla competitiva con quella di Abn dovrebbe sborsare circa 3 miliardi di euro. Dove possa trovarli è un mistero. E questo getta più di un'inquietudine sul futuro di una Bpl già pesantemente esposta, se è vero che la stessa Banca d'Italia, nella lettera con la quale il 7 aprile 2005 autorizzava Fiorani a salire al 29,9% di Antonveneta scriveva: "Gli ulteriori sviluppi dell'operazione dovranno risultare coerenti con l'esigenza di garantire adeguati equilibri tecnici, con particolare riferimento alla situazione patrimoniale complessiva". Circola l'ipotesi che il banchiere lodigiano sia pronto a rilanciare, mettendo sul piatto un'offerta per cassa su Antonveneta di 24 euro per azione. "Non sappiamo nulla", si dice a Palazzo Koch, dove tuttavia non si esclude un'altra visita a breve dello stesso Fiorani. A questo punto "per ridiscutere sul rispetto dei ratios", e tornare a ragionare nei termini più propri della competenza di Bankitalia, cioè "il controllo sulla stabilità del sistema".

Fazio è sempre più isolato. Non si aspettava uno schiaffo così sonoro dalla Consob. Ha parlato a più riprese, in questi giorni, con il suo "collega". Ma alla fine Cardia non ha ceduto alle pressioni: "Abbiamo preso una decisione dolorosa, ma doverosa", commentava ieri. Una decisione che, almeno in parte, serve a salvare la faccia del mercato finanziario italiano, mai così screditato all'estero. "Non è chiaro come farà Bpl ad assorbire Antonveneta, la cui capitalizzazione è tre volte superiore - scriveva il Wall Street Journal il 3 maggio - normalmente in una situazione del genere l'offerente sarebbe già fuori della corsa. Ma siamo in Italia, assistita dalle regole della sua banca centrale...". Se i risultati sono questi, è davvero il tempo di cambiarle, queste regole. Meglio se con il consenso della stessa banca centrale, che dovrebbe finalmente riscoprire la cultura del mercato e far crescere una sana concorrenza. In caso contrario, sarà il caso di adottare un vecchio metodo caro a Woodrow Wilson: "Il modo per arrestare certe folli corse della finanza è fermare l'autista, non l'automobile".

(12 maggio 2005)

ricordiamo i Soci di Bankitalia S.p.A.:

    Gruppo Intesa (27,2%),
    Gruppo San Paolo (17,23%),
    Gruppo Capitalia (11,15%),
    Gruppo Unicredito (10,97%),
    Assicurazioni Generali (6,33%),
    INPS (5%),
    Banca Carige (3,96%),
    BNL (2,83%),
    Monte dei Paschi di Siena (2,50%),
    Gruppo La Fondiaria (2%),
    Gruppo Premafin (2%),
    Cassa di Risparmio di Firenze (1,85%),
    RAS (1,33%)...