lunedì, febbraio 28, 2005

Siamo al capolinea?

da disinformazione.it
Guerre e crollo dell’economia mondiale
Marcello Pamio – 26 febbraio 2005

Nessuno lo dice. Tutti fanno orecchie da mercante. Persino le marionette della politica, che vanno da sinistra a destra, evitano di parlarne; anzi, hanno l’ordine di non parlarne proprio in pubblico!
Mi riferisco alla possibile, e ahimé molto probabile, crisi economica mondiale legata al dollaro e all’economia statunitense. Una crisi molto pericolosa, non solo per il nuovo continente ma anche per tutta la vecchia Europa; ricordiamo infatti, che il biglietto verde è la moneta di scambio utilizzata per tutte le transazioni commerciali: uno per tutti, il petrolio.
Sarà un amaro dispiace per coloro che credono ancora al miraggio dell’american dream, ma questo sogno americano sta per diventare un incubo vero e proprio.

Quello che non viene detto da nessuno è che il debito americano, inteso come debito interno ed estero, ha superato di molto quello che all’epoca ha fatto sprofondare il paese nella crisi nera del 1929.

Ma snoccioliamo qualche dato: il totale del debito pubblico sommato a quello commerciale delle corporate USA è arrivato a quota 33mila miliardi di dollari[1], che tradotto in numeri è corrisponde a 33.000.000.000.000 dollari, e in vecchie lire: 66.000.000.000.000.000, cioè 66 milioni di miliardi.

Non male come debito, vero?

Questo immenso valore che corrisponde al 294% del PIL, il Prodotto Interno Lordo, ha superato però anche il record precedente della Grande Depressione del 1929, che era del 270%. Quindi 76 anni dopo il terribile crollo di Wall Street, la situazione economica del paese ha superato di ben 24 punti in percentuale il rapporto debito/PIL dell’epoca!

Nonostante questi dati, c’è qualcuno che è molto più pessimista: il miliardario statunitense Warren Buffet ha stimato un buco di ben 180mila miliardi di dollari, pari a 17 volte il PIL.

Capirete a ben donde, che sulla situazione economica di un paese come gli Stati Uniti d’America, e cioè del paese fautore della democrazia e della libertà, vige la massima e più assoluta segretezza, o se volete, disinformazione.

Comunque sia, è sotto gli occhi di tutti come, dalla deflagrazione della bolla finanziaria speculativa della “new economy” all’inizio del 2000 che ha bruciato letteralmente moneta per 8,5 mila miliardi di dollari, la situazione è andata peggiorando, proprio durante la politica da far west del texano George Walker Bush junior. Però è anche vero che è stato proprio il presidente-guerriero a tenere su l’economia con le guerre preventive, perché se la macchina bellica si dovesse inceppare, per qualsiasi motivo, i nodi verrebbero subito al pettine. Ecco perché ogni, più o meno 2 anni, si deve mobilitare l’esercito USA!
Abbiamo avuto nel 2001 la guerra in Afghanistan - immediatamente dopo il crollo delle Torri Gemelle che hanno, guarda caso, sostituito il crollo di Wall Street -, poi nel 2003 (dopo 2 anni!) c’è stata la guerra in Irak, che continua tuttora. Per cui se il ragionamento fila, dovremo attenderci quest’anno, nel 2005, una guerra contro qualche obiettivo militare. Nella lista nera ufficiale c’era l’Irak (che adesso è una democrazia rappresentativa, sic!), e c’è Iran, Corea del Nord e Siria; nella lista, ovviamente non ufficiale, ci sarebbero tutti gli stati del mondo che vanno a toccare gli interessi economici e/o energetici degli Stati Uniti, e tra coloro ovviamente rientrano quelli che hanno avuto la bruttissima idea di passare dal dollaro all’euro: Irak (nel 2000), Corea del Nord (2002), Venezuela (2000) e Iran (2002).
Proprio quest’ultimo è un paese membro dell’OPEC, e nel corso del 2002 (secondo le dichiarazioni di un membro della Commissione Parlamentare per lo Sviluppo) ha iniziato ha convertire il 50% delle riserve della Banca Centrale Iraniana da dollari a euro, e anche la Corea del Nord, agli inizi di dicembre dello stesso anno, ha annunciato il passaggio alla valuta europea per i suoi scambi commerciali.
Non è una strana coincidenza che i paesi che hanno iniziato a scegliere l’euro al posto del dollaro sono diventati “l’Asse del Male”?

Avrete capito che non c’entra nulla la produzione di armi nucleari da parte dell’Iran e della Corea del Nord, come d’altronde non centravano assolutamente nulla le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein: sono solo scusanti mediatiche per convincere il “gregge disorientato”, come lo chiama simpaticamente Noam Chomsky[2]. L’obiettivo è invece quello di bloccare con le “armi della democrazia” USA: missili, bombe intelligenti, napalm e uranio impoverito, ogni forma di comportamento che possa mettere a repentaglio l’allarmante situazione economica statunitense, o che possa creare un precedente per altri paesi (magari agli undici paesi membri dell’OPEC).

Guerra a parte, per comprendere l’origine di tutta questa gravosa situazione bisogna tornare indietro nel tempo di quasi un secolo, per la precisione fino al 23 dicembre 1913, data questa della “federal reserve act”, e cioè della legge sulla “riserva federale” che ha stabilito il nuovo sistema bancario nazionale (assolutamente fraudolento) basato non più sull’oro ma sul niente. Questa è la più grande truffa che sia mai stata fatta.

Tale legge ha infatti creato la banca centrale, la Federal Riserve (banca privata e non governativa nelle mani dei Burattinai), che ha un enorme potere, quello di stampare carta-moneta. Da quel momento la Federal Reserve ha iniziato a stampare moneta priva di controvalore, per cui carta-straccia, e non si più fermata.
Detto in parole povere: la banca privata chiamata Federal Reserve, ha stampato dal 1913 montagne di dollari privi di valore che hanno inondato il mondo intero. Tutti i vari paesi industrializzati e non, se li sono accaparrati - perché il dollaro è la moneta di scambio principale - convertendo addirittura le proprie riserve nazionali.
Morale: tutti i paesi del mondo hanno fatto riserva e incetta di questa carta-straccia, e oggi purtroppo per noi, è arrivato il momento di passare alla cassa!

Una delle soluzioni praticabili dai governi, per tentare di risolvere la crisi e economica o almeno limitarne i danni, sarebbe quella che fu messa in atto dal presidente John F. Kennedy nel 1963 (esattamente 50 anni dopo la nascita della Fed!). Con l’ordine esecutivo 11110 Kennedy dava al Ministero del Tesoro (invece della FED) il potere di “emettere certificati sull’argento contro qualsiasi riserva d’argento, argento o dollari d’argento normali che erano nel Tesoro”. In pratica, per ogni oncia d’argento contenuta nei forzieri del Tesoro, il governo poteva emettere nuova moneta; moneta con controvalore!
In tutto Kennedy fece stampare ben 4,3 miliardi di dollari (8600 miliardi di vecchie lire di allora), e questo stava per mettere fuori gioco la Federal Reserve, perché permetteva al governo di pagare il debito, liberandolo dalla stretta mortale della banca centrale! Una cosa non da poco. Infatti qualche mese dopo e nella città simbolo del denaro e del gioco d’azzardo (?), Kennedy viene assassinato deliberatamente. Un avvertimento chiaro ai futuri presidenti che avessero voluto estinguere il debito. E infatti, la prima cosa che fece il presidente Lyndon è stata proprio quella di ritirare tutte le monete emesse da Kennedy.

Monete che avevano una particolarità molto interessante: invece della scritta “Federal Reserve Note”, che sta a indicare, ieri come oggi, la “proprietà privata” dei soldi della banca privata centrale, avevano la scritta: “United States Note”, a sottolineare che i soldi erano di proprietà degli Stati Uniti e quindi dei cittadini americani. Una bella differenza!
Viene da chiedersi a questo punto chi sia l’effettivo proprietario dell'euro. Purtroppo nella moneta europea non compare la scritta: “Pagabili a vista del portatore”, per cui non sono nostri ma della banca privata centrale europea, la BCE! L’euro quindi è una moneta valida solamente perché noi ne accettiamo il valore nominale stampato sopra: un semplice numero, che non corrisponde ad alcun controvalore di oro e/o argento! Quindi dal punto di vista teorico, le banche in futuro potrebbero rifiutarsi di riconoscere e accettare questa moneta proprio perché NON è pagabile al portatore. Probabilmente non succederà mai, ma per non saper ne leggere ne scrivere, è bene che ci prepariamo psicologicamente ad accettare nuove monete prive di interessi (che creano solamente il debito) e molto lontane dalle banche.
Uomo avvisato...

[1] A. Cesarano, economista Mps Finance, Monte dei Paschi di Siena, tratto da:
http://www.repubblica.it/lettfin/kwfin/online/lf_le_analisi/031028cesarano/031028/031028.html
[2] Noam Chomsky, autore di numerosi libri, insegna linguistica al MIT di Boston

venerdì, febbraio 25, 2005

Petrolio a 22 dollari al barile, poi a 30, poi...

USA: PETROLIO A TRENTA DOLLARI BARILE (IERI 24,72)

Roma, 11 set. - (Adnkronos) - Trenta dollari al barile: l'effetto degli attacchi agli Stati Uniti d'America ha avuto riflessi immediati sul prezo del petrolio che solo ieri era stato rilevato a 24,72 dollari al barile. Fino alle 15 ora italiana, il 'range' del prezzo del petrolio era tra i 22 ed i 28 dollari; la serie di attentati lo ha gia' portato fuori dal limite massimo delle contrattazioni stabilito dall'Opec.

(Ant/Pn/Adnkronos)

11-SET-01 16:25

Guadagno per Capitalia 10X

CAPITALIA: DECUPLICA UTILE CONSOLIDATO NEL 2004 A A 337 MLN EURO, PROPOSTO DIVIDENDO DI 0,08 EURO

Roma, 24 feb. (Adnkronos) - Utili in forte crescita per Capitalia. Il gruppo archivia l'esercizio 2004 all'insegna di un utile consolidato netto di gruppo che vola a quota 337 milioni di euro, dieci volte di piu' rispetto ai 31 milioni di euro dell'anno precedente. L'utile delle attivita' ordinarie e' ammontato a 355 milioni di euro mentre la capogruppo ha riportato un utile netto pari 223 milioni di euro rispetto agli 89 milioni di euro nel 2003. Cresce anche il dividendo: la proposta che il cda avanzera' all'assemblea degli azionisti vede la distribuzione di un dividendo di 0,08 euro per azione rispetto allo 0,02 dello scorso anno. (segue)
(Mcc/Gs/Adnkronos)
24-FEB-05 08:25

FMI: un ente criminale. Parola di Gianni Minà

Gianni Minà su Lula

Devo sinceramente confessare che anch'io feci amara ironia sul governo Lula, dopo più di un anno che egli era in carica. Non perchè appartenga manco lontanamente alla sinistra "riformista" europea di cui Gianni Minà parla in questa intervista, ma perchè spinto da alcuni dati e da opinioni di Joao Pedro Stèdile (leggere un suo articolo a proposito qui), voce autorevolissima del Brasile, che parlava di economia neo-liberista, mancata riforma agraria, terratenientes e situazioni da medioevo in crescita. Dato aggiuntivo, Lula piaceva e piace a D'Alema. Non avendo D'Alema niente a che fare con il pensiero di sinistra, se non per la sigla del suo partito, era l'ultima goccia che dissacrava l'illusione Lula. D'altro canto, ricevo adesso per email un'intervista rilasciata da Gianni Minà su Lula solamente tre giorni fa, a Gianluca Ursini di Peacereporter. Inchinandomi come sempre al sapere e l'onestà di un grande giornalista come Minà, non rimane che leggere quest'analisi dell'attualità brasiliana e, successivamente, approfondirla.
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Brasile - 27.1.2005
Il vento di Lula
Gianni Minà interviene su Lula: "E' la vera svolta"

-Cominciamo dalle perplessità sull'operato di Lula, che hanno manifestato anche sociologi ideologicamente vicini al presidente come Emir Sader. Cosa ne pensa?

Sader è un tipo molto duro, un trotzskista, comunista vecchia maniera, che non approva le mezze misure. Vorrebbe fare la rivoluzione. Ma se governi un Paese grande come un continente, con quasi 200 milioni di persone, dove la prima cosa da fare è dare loro da mangiare, la seconda è curarli e la terza è dare loro una casa che non sia di fango, è chiaro che sei costretto ad andar piano. Il Fondo Monetario Internazionale è un ente criminale che può ammazzare chiunque, anche un Paese come il Brasile.

-Un ente criminale?

Certo. Ormai lo dico a tutte le conferenze. Il Fmi è un ente criminale. Le sue famose 'ricette economiche' possono distruggere milioni di persone. La gente si può ammazzare con i cannoni, ma anche con le banche. Sfido a smentirmi.

-Quindi non condivide l'analisi di Sader?

Non condivido l'idea così radicale di Emir Sader, anche se capisco la sua ansia. Ma il solo fatto che adesso in Brasile ci sia una democrazia compiuta, in cui sta tramontando l'impunità, in cui vengono perseguiti i guardiaspalle dei 'terratenientes' che fino a due anni fa ammazzavano senza conseguenze i 'Sem Terra', è una grande svolta. Prima di Lula la polizia privata ammazzava i sindacalisti 'siringueros' - i raccoglitori di caucciù - come Chico Mendes, adesso non è più così. L'impunità è finita! Eccolo il risultato più immediato dell'elezione del presidente operaio. E ricordiamo che certe conquiste sono faticose. Certo sono passati due anni e ancora non ha fatto la Rifoma agraria! Ma la farà, non si può dubitarne. La farà, perché è la promessa più solenne mai fatta durante la sua rincorsa alla presidenza. E' che in un Brasile in cui ancora ci sono zone rimaste al medioevo, in cui ci sono signorotti feudali, fare una riforma agraria come si deve è una questione complessa. Non dimentichiamoci che in Europa la riforma agraria risale a fine '800, vale a dire oltre tre secoli dopo la fine del medioevo. E' dunque un problema non indifferente e ci vuole tempo per risolverlo concretamente.

-E tutto lo scetticismo di certa parte della sinistra europea da dove viene, allora? [...]

C'è da dire una cosa, di cui mi prendo tutta la responsabilità: quella certa parte di sinistra che si definisce "riformista" - un vocabolo che non so cosa voglia dire nel concreto - non ha mai sopportato la sinistra latinoamericana. Quella latinoamericana è troppo più fattiva. È passata da così tante esperienze: dalla lotta armata alle repressioni più feroci del XX secolo - persino più feroci dello stalinismo, oserei dire - e non accetta le esitazioni di quella che chiamiamo sinistra in Europa. Questa sinistra ha accolto con un certo sarcasmo perfino il fatto che fosse stato eletto presidente del Brasile un operaio. Puntava, infatti, su Serra, ministro della salute nel precedente governo di Henrique Cardoso, non su Lula. E perché questo favore verso Cardoso? Perché da giovane era stato un sociologo marxista. Nulla importava che poi avesse accettato di sedersi al timone di un governo di centro-destra, colluso con i "terratenientes" che uccidevano i "Senza Terra". Questa è la stessa sinistra che ha dovuto accettare la vittoria di Lula col sorriso, ma che non l'ha mai amato. È salita sul carro del vincitore all'ultimo, scegliendolo quale unico uomo di sinistra latinoamericano da digerire. Tutte le altre esperienze in piena evoluzione, infatti, che stanno sconvolgendo i piani degli Usa, non sono assolutamente ben viste dalla sinistra europea. Vedi tre esempi eclatanti: il Venezuela di Chavez, messo a dura prova dai referendum di popolarità architettati dall'opposizione e sempre vinti in scioltezza. L'Uruguay, dove ha appena vinto Tabaré Vazquez, assicurando al Paese un governo di sinistra del tutto avverso alle mire Usa. E infine, le rivolte popolari in Bolivia capeggiate dai leader indigeni per impedire la svendita delle risorse naturali, come il gas, alle multinazionali statunitensi. Ecco, verso tutto questo c'è l'incomprensione più assoluta. Non capiscono cosa stia succedendo in America Latina. Ecco dove colloco l'atteggiamento ironico nei confronti di Lula.

-Perché non viene capita l'importanza per il Brasile di avere Lula al timone?

Lula rappresenta una svolta clamorosa. Il Brasile è un Paese che ha visto una dittatura, tanti governi corrotti. È un Paese che ha visto finti presidenti di sinistra come Cardoso. Il presidente operaio è il cambiamento radicale. Certo, forse in politica economica Lula sta proseguendo la stessa strada del suo predecessore, ma come svincolarsi in un batter d'occhio dall'abbraccio della Banca Mondiale e del Fondo Monetario? E' grazie a lui, ripeto, che sono tramontate le impunità, e che sono state avviate operazioni sociali del livello di Fame Zero. Per questo non sono d'accordo con chi critica duramente e in toto il suo governo. Certo non chiudo gli occhi. Mi rendo conto che anche Frei Betto, consigliere del presidente, a un certo punto si è sentito in difficoltà in questo governo e si è ritirato, ma non per questo adesso getta la croce su Lula.

-Quindi, diamo ancora fiducia a Lula e speriamo che venga rieletto?

Certo. Non dimentichiamo che se cade l'esperienza Lula, per il Brasile non ci sarà perlomeno per altri 50 anni la possibilità di vedere l'area progressista governare a Brasilia.

-Non esiste alternativa a Lula?

No. Lula ha una storia politica di 20 anni. Ha fondato il Pt, che è il più grande movimento di sinistra del continente latinoamericano. Come trovarne un altro? Negli anni Ottanta, Lula capì che la sinistra tradizionale sarebbe stata incapace di competere con le forze conservatrici brasiliane e fondò quindi un raggruppamento alternativo che appunto è diventato il partito dei lavoratori più grande del continente. Ha raggruppato tutti i movimenti d'opposizione. Una grande esperienza. Un grande uomo.

-Ma Lula ha un difficile equilibrio da mantenere nel suo governo?

Non si deve dimenticarlo! Nell'esecutivo, il ministro all'Economia è Palocci, ex governatore del Banco centrale brasiliano. Un uomo certo non inviso al Fondo Monetario e alla Banca Mondiale. Difficile conciliare Palocci con la sindachessa di Fortaleza, neo eletta, appartenete all'ala critica a Lula del Pt. Non è semplice far conciliare queste anime così diverse.

-A livello internazionale, si può parlare di "effetto Lula"?

Con l'avvento di Lula s'è accodato un intero mondo. Prendiamo Kirchner in Argentina, per esempio. Un peronista del sud, lontano dalla corruzione di Buenos Aires e dai giochi alla Menem che, una volta eletto, ha preso una linea progressista copiata da Lula. Poi consideriamo Chavez o il Frente Amplio in Uruguay, o i movimenti indigeni, non solo in Bolivia, ma anche in Ecuador, dove hanno affrontato il presidente Gutierrez che s'è rimangiato le promesse di sinistra per soddisfare gli interessi statunitensi. E' stato il vento di Lula ad alimentare questi movimenti. Il vento di sinistra. Il Pt di Lula, il Frente amplio uruguagio hanno messo in atto la vera democrazia partecipativa, dimostrando che può non essere solo uno slogan. È qualcosa che si realizza giorno dopo giorno in molti stati, città, comuni e pueblos del Brasile. Il Pt può anche aver perso Porto Alegre - per le solite lotte interne della sinistra - ma governa molte più città e stati rispetto a quando Lula non era presidente. Avranno anche perso San Paolo alle recenti amministrative, ma hanno conquistato altre cinque grandi città. Per questo dico che bisogna andare piano nel giudicare.

Gianluca Ursini

Per così poco!

da repubblica.it
Parigi, 15:50
FRANCIA: SU ONDA SCANDALO SI DIMETTE MINISTRO ECONOMIA

Il ministro francese dell'economia e delle finanze, Herve Gaymard, ha presentato le sue dimissioni dall'incarico. A innescare lo scandalo che ha provocato le sue dimissioni, le rivelazioni sull'abitazione del ministro, una delle stelle della 'nuova generazione' politica francese: un appartamento nel centro di Parigi, di 600 metri quadrati, pagato 15.000 euro mensili a spese dello Stato, nel quale il ministro vive insieme alla moglie e agli otto figli. ()

NUOVO ORDINE MONDIALE

E' "EBREO" IL NUOVO ORDINE MONDIALE ?
Postato il Mercoledì, 23 febbraio @ 23:00:00 CST di Truman

DI HENRY MAKOW

Iniziamo con dare una definizione di “Nuovo ordine mondiale.”
Lo scopo del Nuovo ordine mondiale è il desiderio dei grandi banchieri del mondo di tradurre il loro ampio potere economico in istituzioni globali permanenti per il controllo politico e sociale. Il loro potere è basato sul loro monopolio sul credito. Usano l'accreditamento del governo per stampare i soldi e richiedono al contribuente di pagare miliardi per il loro interesse. Le banche centrali come la Federal Reserve fingono di essere istituzioni di governo. Non lo sono. Sono possedute privatamente da forse 300 famiglie. È significativo notare che la maggior parte di queste famiglie è ebrea, sebbene quanto significativo non sono ancora sicuro. Comunque, se fossero Luterani o Zulu, certamente le nostre obiezioni sarebbero le stesse.
Sono un ebreo non-osservante che crede che questa situazione sia egualmente mortale per l’umanità e gli ebrei. Abbiamo già visto le tragiche conseguenze di essa durante la Seconda guerra mondiale.

L’inventore americano Thomas Edison descrisse nel modo seguente questa frode colossale, che il Nuovo Ordine Mondiale ha intenzione di perpetuare:
“È assurdo dire che il nostro paese può emettere titoli di credito e non può produrre valuta. Entrambe sono promesse di pagamento, ma una ingrassa l’usuraio e l'altra aiuta la gente.”

Le banche centrali inoltre controllano l'offerta di credito alle aziende ed agli individui. Robert Hemphill, responsabile per il credito della Federal Reserve Bank di Atlanta descrive questa situazione insostenibile. “Questa è una situazione incredibile. Dipendiamo completamente dalle banche commerciali. Obbligati a prendere in prestito ogni dollaro che abbiamo in circolazione, contanti o credito. Se le banche generano valuta in abbondanza, siamo ricchi; altrimenti, soffriamo la fame. Siamo assolutamente senza un sistema monetario permanente. Quando si ha un’idea chiara di ciò che accade, ci si rende conto di quanto è incredibile la tragica assurdità della nostra posizione disperata, ma lo è... È così importante capire che la nostra attuale civilizzazione può collassare, a meno che non vi sia un’ampia comprensione della realtà in modo che quanto prima si possa correggere ogni difetto.”

Quando la Federal Reserve venne inaugurata nel 1913, un banchiere di Londra si rese conto che era una frode. “I pochi che capiranno il sistema saranno così interessati ai suoi profitti, o così dipendenti dai suoi favori, che non ci sarà opposizione da quel tipo di classe ... La grande maggioranza della gente, mentalmente incapace di comprendere, sopporterà la relativa difficoltà senza reclamare e forse senza nemmeno sospettare che il sistema è ostile (contrario) ai suoi interessi.”

Le conseguenze
Ovviamente stampare valuta dovrebbe far parte della sfera pubblica, come previsto dalla Costituzione degli Stati Uniti. Questa situazione anomala è la fonte della miseria umana. Contrappone la gente che controlla l'economia alla società nel suo insieme. È nel loro interesse destabilizzare la società, promuove l’immoralità, la divisione interna (come l'unione gay) e la guerra per aumentare il debito e distrarre e controllare le masse.
I banchieri sono responsabili dei programmi di ingegneria sociale come la rivoluzione sessuale, il femminismo ed il multiculturalismo, che insidiano la famiglia e la coesione sociale. Questo antagonismo fondamentale inoltre sostiene un ampio mondo criminale, manovrato di fatto dalle élite. I banchieri sono responsabili degli assassinii di presidenti come Lincoln e JFK e dell'attacco al World Trade Center. Possiedono o controllano i mass-media, che legittimano G.W. Bush, la guerra nell'Iraq e l'imminente attacco all'Iran. La guerra fornisce una giustificazione per mettere in pratica il piano ed introdurre uno Stato di Polizia repressivo. Il successo oggi è basato sul desiderio di una persona di diventare complice, consapevole o no, della frode bancaria. Anche gli imprenditori ricchi dipendono dal credito e sono poco disposti a sostenere un cambiamento genuino. Come conseguenza della truffa dei banchieri, la società e la cultura occidentali sono basate su una frode. Non abbiamo democrazia genuina o parità d'accesso ai mass-media od un’educazione aperta e sincera. La società occidentale è una truffa, gestita da vigliacchi che sanno di essere truffatori.

Sono responsabili “gli ebrei”?
Il Nuovo Ordine Mondiale è un mostro simile all’Idra (nella mitologia l'Idra era un drago policefalo al quale ogni volta che una testa veniva tagliata ne ricrescevano due). I banchieri lavorano attraverso molti fronti quali il comunismo, il socialismo, il liberalismo, il femminismo, il sionismo, il neo tradizionalismo e la massoneria. In modo sconosciuto alla maggior parte dei membri, questi movimenti “progressisti” sono tutti segretamente devoti alla “rivoluzione mondiale” che è un eufemismo per l’egemonia dei banchieri.

I banchieri controllano le più grandi aziende del mondo, i media, i servizi segreti, i think-tanks*, le fondazioni e le università. Sono responsabili della soppressione della verità. In tutto ciò gli ebrei figurano in modo rilevante, causando antisemitismo. Naturalmente molta altra gente ricerca “il successo” allo stesso modo.

I banchieri inoltre lavorano attraverso gli stati. Sono in gran parte responsabili dell'imperialismo britannico ed americano, il cui scopo è monopolizzare la ricchezza del mondo. Nel suo libro “Gli Ebrei” (1922) il critico sociale britannico Hilaire Belloc scrive che l'Impero Britannico rappresentò un’alleanza tra finanza ebrea ed aristocrazia britannica.
“Dopo Waterloo [ 1815 ] Londra divenne il più importante mercato monetario ed il crocevia del commercio mondiale. Gli interessi dell'ebreo come commerciante finanziario e gli interessi del sistema politico commerciale si avvicinarono sempre di più. Si può dire che, a partire dalla fine del diciannovesimo secolo, fossero diventati virtualmente identici.”

La confluenza dell’interesse Ebreo e Britannico si è estesa anche al matrimonio.
“Si iniziarono ad avere matrimoni, indiscriminati, fra quelle erano state una volta le famiglie territoriali aristocratiche del Regno Unito e le fortune commerciali ebree. Dopo due generazioni, con l'apertura del ventesimo secolo, le grandi famiglie inglesi territoriali in cui non c’era sangue ebreo erano l'eccezione.
In quasi tutte queste famiglie lo sforzo del connubio fu più o meno contrassegnato, in alcune di loro così forte che anche se il nome era ancora un nome inglese e le tradizioni di radice puramente inglese del lontano passato, la costituzione fisica ed il carattere erano diventati interamente ebrei...” Se il matrimonio della figlia di Al Gore con il nipote di Jacob Schiff (finanziere ebreo americano) può dare qualche indicazione, questa mescolanza di Ebrei ed élite gentile (di religione non ebrea – n.d.r.) si estende anche in America. John Forbes Kerry è un altro esempio.
Belloc continua a dire che l'obiettivo britannico ed ebreo della dominazione del mondo era sinonimo di Freemasonry (www.freemasons-freemasonry.com ) ed usato come strumento.
“Le istituzioni specificamente ebree, quale la Freemasonry (che gli ebrei posero come ponte fra se stessi ed i loro ospiti nel diciassettesimo secolo) erano particolarmente forti in Gran Bretagna e svilupparono una tradizione politica, attiva e di grande importanza, che lo Stato Britannico fu accettato tacitamente dai governi stranieri come protezione ufficiale degli ebrei in altri paesi.
La Gran Bretagna era considerata il soggetto che interveniva [laddove esisteva persecuzione ebrea] per sostenere le energie finanziarie ebree nel mondo intero e ricevere in cambio il beneficio di quel legame.” Se Belloc ha ragione, si potrebbe dire che il Nuovo Ordine Mondiale è un'estensione dell'impero britannico, in cui gli interessi britannici, americani ed ebrei di élite sono indistinguibili.

Conclusione: cos’è ebreo?
La maggior parte degli ebrei non vorrebbe un Nuovo Ordine Mondiale, anche conosciuto come “globalizzazione” se capissero il relativo carattere non democratico e la maniera con la quale essi vengono usati.
Il vero spirito ebreo sostiene che la verità e la moralità sono assolute e non possono essere adattate ad un interesse personale superficiale. G. J. Nueberger esprime questo spirito nel suo saggio “Il Grande Abisso fra Sionismo e Giudaismo”. “La gente ebrea è scelta non per la dominazione sugli altri, non per la conquista o la guerra, ma per servire Dio e servire la razza umana…di conseguenza la violenza fisica dell'umanità non è una tradizione o un valore degli ebrei. Il motivo per cui la gente ebrea è stata scelta non è di regolare un esempio di superiorità militare o dei successi tecnici, ma di cercare la perfezione nel comportamento morale e nella purezza dello spirito. Di tutti i crimini della politica sionista, il peggiore ed il più fondamentale che spiega tutti i suoi altri crimini, è quello che deriva dal Sionismo che ha cercato di separare gli ebrei dal loro Dio, di rendere il patto divino nullo e senza effetto per sostituire uno stato “moderno” e la sovranità fraudolenta per gli alti ideali della gente ebrea.”
I banchieri non erano interessati ovviamente al vero Giudaismo o la purezza razziale ma erano disposti piuttosto a sacrificare milioni di ebrei per realizzare il loro disegno sostenendo Hitler. Stanno sacrificando migliaia vite ebree, americane e musulmane in Medio Oriente in nome della loro Orwelliana “guerra perpetua per una pace perpetua”. Il Nuovo Ordine Mondiale serve un programma “ebreo” o un programma dell’élite dei banchieri?
Mi avventuro nel dire che serve il secondo e che gli ebrei sono uno strumento di questo programma come tanta altra gente. Dando ad individui privati la capacità di generare denaro dal nulla, abbiamo generato un mostro che minaccia di devastare il pianeta e la razza umana con esso.

Fonte: Is the New World Order "Jewish"? http://www.savethemales.ca/ Traduzione per Comedonchisciotte.net a cura di Manrico Toschi

Nota:
*Think-tanks
Istituti come Heritage Foundation e Cato Institute si chiamano negli Usa think-tanks, «serbatoi di pensiero», sono cioè centri che producono ricerche mirate a dimostrare che è indispensabile privatizzare la Social Security, che il sistema sanitario canadese (qui invidiato da tutti) è un disastro, che mangiare cibi geneticamente modificati fa bene alla salute, che i neri sono più stupidi dei bianchi, che il sussidio disoccupazione è un incitamento alla pigrizia e dunque un fattore d'impoverimento (tutti esempi veri), che la scuola pubblica è un fattore d'ignoranza....
Attraverso libri, studi, rapporti, questi centri producono perciò pezze d'appoggio alle campagne politiche e ideologiche della destra, forniscono argomenti «scientifici» di cui si servono i parlamentari quando devono introdurre un emendamento. Più che ricerca scientifica, questi centri sono classici esempi di «pseudoscienza», di affermazioni incontrollate bardate degli orpelli della serietà, tabelle, grafici, note, bibliografie. A colpi di tabulati questi «serbatoi» immagazzinano rancore, astio verso ogni idea di uguaglianza. Sono serbatoi sì, ma di odio, non di pensiero. E la loro influenza cresce di anno in anno.
( fonte: http://italy.indymedia.org/news/2004/11/678112.php )

Traduzione per Comedonchisciotte.net a cura di Manrico Toschi

seguiamo il caso...

da repubblica.it
Le Fiamme Gialle hanno scoperto una vera e propria rete bancaria che operava in Italia.
Fuori da ogni regola Banca clandestina marocchina sequestrata dalla Finanza

MILANO - Una vera e propria rete bancaria clandestina, che operava al di fuori di ogni regola, è stata individuata dalla Guardia di Finanza di Milano, che "ha operato - si legge in una nota - il sequestro preventivo di tutti i beni strumentali dell'attività finanziaria e di raccolta del risparmio".

L'operazione, denominata "Hawala" dai finanzieri milanesi, pur essendo nata dalla segnalazione di un'attività di raccolta di denaro che riguardava un personaggio arabo sospettato di appartenere a reti criminali, non avrebbe evidenziato alcun legame con ambienti terroristici.

Le indagini, hanno spiegato le Fiamme Gialle, hanno invece portato alla scoperta di una "banca marocchina", istituzionalmente presente in patria, che invece di porsi regolarmente sul mercato italiano, sottoponendosi a regole finanziarie e di tutela del risparmio, si avvaleva di un rastrellamento di fondi porta a porta (simile, per modalità, all'elemosina islamica, ma a fini personali per il cliente, e di profitto per la banca) che poi venivano inviati all'estero.

Un'attività di raccolta del risparmio che tra l'altro, in questo modo, sfuggiva completamente al fisco e ai controlli previsti dalle Leggi antiterrorismo e antiriciclaggio.

La rete di finanziamento si estendeva alle province di Milano, Roma, Napoli, Torino, Bologna, Padova e Lecco. Nel corso dell'operazione sono state denunciate una decina di persone, prevalentemente nordafricane.
(25 febbraio 2005)

seguiamo il caso... non sarà alla fine che si tratta di una di quelle banche che come dicono le leggende metropolitane, fanno prestiti senza interessi?

mercoledì, febbraio 23, 2005

copia e incolla... pari pari!

dal buon blog di Scrofina:
Tre ottimi articoli dell'economista Emiliano Brancaccio: la prova che la anche sinistra è in malafede
Vi propongo tre articoli apparsi sul quotidiano comunista "il manifesto" e sul sito di Attac Italia. Sebbene anche Brancaccio, come del resto tutti i circuitisti, ometta che la scuola Auriti-De Simone ha dimostrato possibile, giusto e necessario il Reddito di Cittadinanza Monetario, probabilmente neanche lui sarà chiamato - quel giorno - a dare spiegazioni. E a parte l'allucinazione statalista ho trovato straordinariamente corraggiosi (per un uomo di sinistra) alcuni suoi passaggi. A due anni di distanza (gli articoli sono del 2003) il nostro si aggiunge alla lista di profeti inascoltati dalla massa di burattini cerebrolesi ignari di come vengono tosati. Verranno riscoperti quando sarà troppo tardi, come sempre. Buona lettura.


ABOLIRE IL RENTIER GLOBALE

Dopo il successo del Forum sociale europeo e a pochi giorni dall'apertura del terzo Forum mondiale di Porto Alegre, il movimento attraversa una delicata fase di maturazione. Nel corso dei dibattiti di Firenze è infatti emersa, in più occasioni, una forte sollecitazione ad andare oltre i no alla guerra, al razzismo e a un neoliberismo non sempre ben definito, per aprire finalmente un confronto serrato sulla 'visione' del sistema economico e sugli indirizzi generali di politica economica globale. Questa sollecitazione si scontra ovviamente con gli attuali limiti del movimento. Come hanno giustamente sottolineato Lucio Magri e altri, il popolo di Porto Alegre sconta gli effetti di una vera e propria cesura nella memoria storica, che ha reso farraginosa, ancor prima che conflittuale, la comunicazione tra le generazioni, e ha rallentato il confronto con le grandi sfide del secolo scorso. In un certo senso, è come se questa riluttanza a guardarsi indietro abbia fatto sì che gli immensi interrogativi del '900 sul modo di produzione capitalistico, sugli estremi istituzionali del piano e del mercato e più in generale sul potere e sul suo esercizio, siano rimasti sospesi per aria in attesa di una risposta. Un così difficile rapporto con la storia è stato finora esorcizzato, e talvolta ingenuamente ostentato, richiamandosi allo slogan zapatista del "camminare domandando". Tuttavia questa parola d'ordine comincia a star stretta a molti, e in particolare a coloro che vedono nel movimento una forza potenzialmente in grado non solo di contrapporsi alla guerra, ma anche di incidere sul corso degli eventi economici. Attribuire questa prospettiva ambiziosa a una moltitudine così giovane e incerta potrà sembrare smodatamente futuristico, e quindi fuori luogo. D'altro canto è innegabile che per la sua proiezione al tempo stesso planetaria e no global, e per l'ostilità nei confronti del Fondo monetario e delle altre istituzioni internazionali, il movimento appare guidato da una serie di intuizioni politiche di enorme rilievo. Tra queste, come vedremo, assume particolare significato la condanna della speculazione finanziaria e dei creditori internazionali, e più in generale la denuncia dell'espansione sempre più oppressiva delle rendite a livello globale.
Per rendita, si badi, qui intendiamo il reddito derivante dalla proprietà di un bene che può essere naturalmente scarso, come l'acqua, ma che può anche essere reso artificialmente tale, come è il caso della moneta. Nella rendita vanno quindi inclusi i tassi d'interesse sui prestiti al netto del rischio, i quali rappresentano tra l'altro la base su cui vengono a determinarsi i tassi di profitto sul capitale. Vale la pena di notare che in quest'ottica i termini 'rentier' o 'capitalista' divengono entro un certo limite interscambiabili, e il limite consiste semplicemente nel fatto che soltanto al secondo spetta la decisione di allocazione dei capitali tra i vari settori e la conseguente assunzione dei rischi. Ora, il movimento ha finora istintivamente compiuto degli attacchi sia alle alte rendite che ai meccanismi di allocazione concorrenziale dei capitali, e quindi alla connessa dinamica dei margini di profitto. La denuncia delle crisi generate dalla speculazione finanziaria rappresenta, in tal senso, una implicita messa in discussione della presunta efficienza delle allocazioni decentrate proprie del mercato, e costituisce pertanto una possibile strada per recuperare e aggiornare i vecchi dibattiti sul piano. Ad ogni modo, quella strada è ancora lontana. È opportuno tener presente, infatti, che il movimento è rimasto finora pressoché muto sui problemi del modo di produzione della ricchezza mondiale, limitandosi a denunciare la distribuzione sperequata e la composizione ecologicamente insostenibile della stessa. Ecco perché in questa sede soffermeremo l'attenzione sui soli aspetti del conflitto distributivo, ossia sull'attacco alla rendita e al rentier-capitalista che, in modo più o meno consapevole, il popolo di Porto Alegre conduce. La ribellione nei confronti dell'illegittimo potere del rentier ovviamente non è nata a Seattle. Essa trova antichi precedenti nella definizione aristotelica di prezzo giusto e nella lotta all'usura dei filosofi cattolici del XIII secolo. I filosofi morali condannavano però la rendita in termini puramente etici e normativi. Spettò invece a Marx, a Keynes e alla connection tra i due avanzata dagli economisti anglo-italiani di Cambridge rivelare la natura oggettiva della rendita, la sua stretta correlazione con il profitto e le modalità in cui essa tende a manifestarsi e a diffondersi all'interno del sistema capitalistico. In particolare, la Marx-Keynes connection permise di contestare il ruolo di motore dell'accumulazione e del progresso economico che gli esponenti dell'ortodossia neoclassica attribuivano al tasso d'interesse. Nella visione Marx-Keynes i tassi d'interesse assumono infatti il carattere prevalente di mera rendita, generata dalla scarsità artificiale del denaro e dalla concentrazione dello stesso nelle mani di pochi. Quanto più il denaro è scarso e concentrato, tanto più i tassi d'interesse crescono, il che consente ai rentiers (e ai capitalisti) di accaparrarsi la massima quota possibile del surplus sociale esistente, principalmente a scapito dei salari e della spesa pubblica. Nel corso degli anni '60 e '70 la Marx-Keynes connection suscitò dibattiti accesissimi, concorrendo con altre visioni del mondo a una contesa delle idee di portata storica. Il fermento di pensiero critico dell'epoca venne tuttavia soffocato dalla restaurazione ideologica degli anni '80, che non a caso coincise con un radicale cambiamento a livello mondiale negli indirizzi di politica economica. Inaugurato dalla nomina di Paul Volcker al vertice della Federal Reserve, il cambiamento si manifestò soprattutto nei divorzi tra Banche centrali e governi, nella tendenza alla restrizione monetaria permanente e nella forsennata liberalizzazione dei movimenti di capitale, misure promosse per sottrarre la moneta dall'arena del conflitto distributivo e rispettivamente finalizzate a renderla di esclusiva proprietà privata, artificialmente scarsa ed estremamente mobile. La conseguenza di tutto ciò è semplice quanto drammatica: anche considerando le recenti tendenze al ribasso, di natura meramente congiunturale, nell'ultimo ventennio i tassi d'interesse reali (calcolati cioè al netto dell'inflazione) sono stati alti e instabili come mai era accaduto prima nella storia dell'umanità. I livelli elevati e le oscillazioni dei tassi d'interesse rappresentano il dato unificante, quello che attraverso svariati canali ha segnato la vita quotidiana di miliardi di persone. Basti pensare all'aumento delle tasse sul lavoro e alla riduzione dei fondi pubblici destinati al Welfare, misure in gran parte causate dal restringimento dei finanziamenti delle Banche centrali alla spesa statale e dalla necessità di far fronte alla contemporanea espansione della spesa per interessi a favore dei possessori di titoli del debito pubblico (un fenomeno, questo, verificatosi in modo trasversale nel Nord e nel Sud del pianeta, in Italia come in Brasile). Oppure, riguardo all'ambiente, si pensi alla stretta correlazione esistente tra l'aumento dei tassi d'interesse pagati dai paesi indebitati e lo spaventoso incremento dei ritmi di sfruttamento delle risorse naturali di quegli stessi paesi, uno sfruttamento finalizzato al vano tentativo di rimborsare i prestiti per liberarsi dalla morsa dei creditori. Se poi guardiamo al lavoro, scopriremo che gli elevati tassi d'interesse reali hanno fortemente influenzato le dinamiche contrattuali, contribuendo ad accrescere i margini di profitto a danno dei salari e dell'occupazione (a tal proposito, si può notare che gli shock più significativi nel rapporto tra profitti e salari si sono generalmente verificati in seguito all'ampliamento del divario tra i tassi d'interesse e il tasso di crescita del Pil). Queste tendenze, che hanno impedito ai lavoratori di godere dei guadagni di produttività di un intero ventennio, in Europa vengono oggi cristallizzate nella linea d'azione della Banca centrale, che minaccia esplicitamente di elevare i tassi d'interesse al primo accenno di rivendicazione da parte dei sindacati. Ciò significa che nell'attuale scenario di politica economica le istituzioni monetarie si sentono autorizzate a controllare i lavoratori manovrando sui tassi, ossia agitando continuamente lo spettro della recessione e della disoccupazione. Un orientamento, questo, che si auto-legittima nel corso delle crisi valutarie, in cui le banche centrali contrastano le vendite speculative e le fughe di capitale elevando i tassi d'interesse a livelli inauditi, al fine di ammansire i sindacati, comprimere i salari per contrastare le svalutazioni e convincere così i creditori a non abbandonare i paesi sotto attacco. Solo per citare un esempio emblematico, si può ricordare che il Brasile è stretto proprio in una morsa del genere, il che significa che, a meno di un fortissimo sostegno internazionale all'ipotesi di rinegoziazione degli oneri finanziari, la coalizione progressista guidata da Lula (nonché i vari enti locali a bilancio partecipato) rischiano di soccombere sotto l'insostenibile pressione dei creditori. Nel corso degli ultimi vent'anni, insomma, la proprietà privata, la scarsità e la mobilità della moneta e i conseguenti elevati livelli dei tassi d'interesse e di profitto hanno duramente inciso sulle condizioni del lavoro, dell'ambiente e dello Stato sociale, sia nel Nord che nel Sud del mondo. L'estrema difficoltà di modificare le norme relative al funzionamento delle Banche centrali e ai movimenti di capitale ha progressivamente indotto le sinistre, e in particolare i partiti socialisti europei, alla rassegnazione e all'ignavia [prendiamo nota sul solito post-it] nei confronti delle dinamiche in corso. Il movimento esprime, pertanto, la prima reazione a questo stato di cose dopo anni di colpevole silenzio. Esso infatti si interroga sui rapporti di dominio dei creditori sui debitori, denuncia le nefandezze e le oppressioni che sono scaturite da quei rapporti e afferma l'assoluta necessità di ribaltarli. Il movimento inizia inoltre a comprendere che l'alto costo del denaro ha colpito i lavoratori e i soggetti più deboli sia dei paesi ricchi che dei paesi più poveri. Una presa di coscienza, questa, che assume un inestimabile valore politico, perché delinea una convergenza di istanze tra soggetti apparentemente lontani, e perché consente di liberare il popolo di Porto Alegre da una nomea che non gli rende merito, quella di movimento puramente etico, normativo, un movimento che penserebbe 'soltanto agli altri e non a sé'. Una volta però delineata la convergenza di istanze, si pone la necessità di individuare una soluzione, una linea d'azione razionale e condivisa che permetta al movimento di smuovere il dibattito politico, e che costringa soprattutto i partiti socialisti a interrogarsi sugli errori compiuti in questi anni. Questa linea d'azione dovrebbe consistere nel trascinare la moneta e le istituzioni che la governano al centro del confronto politico, al fine di promuovere tutte le misure atte a contrastare la proprietà privata, la scarsità e la mobilità della stessa: misure che vanno dalla radicale riforma in senso democratico degli statuti delle Banche centrali al ripristino dei controlli sui movimenti di capitale. Occorrerebbe in altri termini sostenere tutte le iniziative atte a ripristinare la sovranità politica sulla moneta e a regolare, segmentare, dividere tra loro i mercati finanziari mondiali. Il carattere no global del movimento verrebbe in tal modo reinterpretato, passando dall'incerto terreno delle lotte contro un liberoscambismo tutto da verificare, al solido e urgente obiettivo di riprendere il controllo politico dei movimenti di denaro. Inoltre, le rivendicazioni sul governo della moneta aprirebbero la strada a un progetto di politica economica realistico e colossale, basato sull'obiettivo di abbattere i tassi di interesse reali fino a posizionarli, in modo permanente e non congiunturale, intorno allo zero. Gli effetti di un simile abbattimento dell'intera struttura dei tassi d'interesse sarebbero enormi, sia in termini di distribuzione della ricchezza prodotta che di composizione fisica della stessa. La prospettiva ideale della società senza rentiers tornerebbe in auge e una nuova stagione di conquiste per il lavoro, l'ambiente e lo Stato sociale verrebbe inaugurata. Dal punto di vista dei salari e delle condizioni di lavoro, l'abbattimento sistematico dei tassi d'interesse favorirebbe la riduzione dei tassi di profitto e aprirebbe spazi per la difesa e l'ampliamento dei diritti. Dal punto di vista della spesa pubblica, semplicemente collocando la media dei tassi d'interesse sui titoli di Stato al di sotto del tasso di crescita nominale del reddito, i singoli paesi potrebbero passare dai lacci soffocanti imposti dagli attuali avanzi primari alle grandi possibilità di cambiamento strutturale offerte da deficit primari oggi impensabili, il tutto in condizioni di perfetta sostenibilità del rapporto tra debito e Pil. Per la sua proiezione internazionale, il movimento rappresenta, allo stato dei fatti, l'unico soggetto politico capace di inaugurare un confronto sulla riforma delle istituzioni monetarie globali e di promuovere un paradigma alternativo, basato sulla sovranità monetaria e sull'abbattimento dei tassi d'interesse. Un obiettivo così ambizioso potrà tuttavia esser perseguito solo se alla battaglia del movimento si affiancheranno, ai vari livelli nazionali, le spinte dei sindacati, dei partiti, e degli altri soggetti sociali sui salari, sulle condizioni di lavoro e sulla spesa pubblica, ossia sulle uniche leve di cui disponiamo per far saltare i vincoli ideologici all'inflazione salariale e al disavanzo pubblico dai quali dipendono la stabilità e la sopravvivenza dell'attuale palinsesto neoliberista di politica economica. La battaglia del movimento per il governo politico della moneta e per i tassi a zero, insomma, costituirebbe una forza propulsiva simmetrica e logicamente complementare alle rivendicazioni dei lavoratori e dei beneficiari della spesa pubblica sul surplus sociale esistente. Ed è proprio questa simmetria tra azioni di rottura a livello nazionale e proposte alternative a livello globale che offrirebbe una base più solida a quel legame istintivo tra il movimento e i lavoratori che, come hanno rilevato Cremaschi e altri, a Firenze ha trovato l'ennesima conferma, ma che necessita di una piattaforma comune per poter sviluppare tutto il suo potenziale. Si potrebbe obiettare che proporre al movimento dei movimenti di identificarsi nella 'presa della Banca centrale' e in una versione 'conflittuale' del piano Keynes del 1943 sulla riforma del sistema monetario è operazione fuorviante, o quantomeno prematura. Il che sotto molti aspetti è vero. Tuttavia, ogni giorno che passa si acuisce la contraddizione tra l'assoluta necessità di aprire un confronto sul governo della moneta e l'ostinato, assordante silenzio delle istituzioni politiche su questo nervo scoperto del capitalismo globale. La rottura di quel silenzio produrrebbe una svolta e un'accelerazione straordinaria sul corso degli eventi. E consentirebbe al movimento di tener finalmente testa allo slogan, bello ma impegnativo, secondo cui 'un altro mondo è possibile'.

(la rivista del manifesto n°35, gennaio 2003)


DIBATTITO. JOAN ROBINSON E UNA POLITICA ECONOMICA ALTERNATIVA

Il movimento costretto, dopo la guerra coloniale in Iraq, a tornare sulla terra e a ridimensionare le mire da "seconda superpotenza globale"; le brucianti sconfitte sindacali e referendarie in Francia, Germania e Italia; la triste prospettiva nostrana di un accordo programmatico di bassissimo profilo tra l'Ulivo e il Prc; e, sul versante istituzionale, il totale fallimento della Convenzione europea, incapace di compiere anche un solo passo sulla via dell'unificazione politica. Un simile scenario esige che ci si fermi a riflettere, e il programma per la piena occupazione di Joan Robinson, proposto da Luigi Cavallaro ai fini della progettazione di "un'altra Europa possibile" ("Il manifesto", 3 agosto), rappresenta uno spunto di indubbio valore. Non riusciremo tuttavia a indicare una via d'uscita dall'attuale stato di cose esaminando i fatti dal solo punto di vista della disoccupazione e dei mezzi per fronteggiarla. Dopotutto, la disoccupazione non e' altro che una delle inumerevoli manifestazioni della capacita' dell'odierno capitalismo di generare rabbia e frustrazione a mezzo di sprechi di risorse e inaudite disuguaglianze. La ben nota opinione della Robinson, secondo cui e' sempre meglio essere oggetto di sfruttamento che morire d'inedia disoccupati, potra' dunque considerarsi solo soggettivamente legittima, mentre risulterebbe un'ottima scusa per le peggiori nefandezze (dalla "piena occupazione dei poveri" nell'America clintoniana alle funeste strategie di workfare di Blair e D'Alema), se venisse elevata al rango di proposizione politica. La critica al capitalismo in quanto generatore di iniquita' e inefficienze (la peggiore delle combinazioni possibili) rappresenta pertanto l'unica base credibile su cui poter edificare un progetto alternativo di politica economica. A tal proposito le ricerche di Joan Robinson ci vengono senz'altro in aiuto. Il suo modello analitico (sviluppato tra gli anni '50 e '60 e fondato sull'integrazione tra la teoria keynesiana e l'interpretazione di Marx suggerita da Sraffa) consente infatti di evidenziare una fondamentale contraddizione del capitalismo contemporaneo attraverso l'esplicitazione dei seguenti due punti. Il primo e' che la Robinson aderi' entusiasta alla critica demolitrice di Sraffa alla teoria neoclassica dominante, una critica che ha chiarito in modo inequivocabile come il profitto e la rendita non costituiscano affatto il "prezzo" per il contributo del capitalista alla formazione del prodotto nazionale. Ella sostenne che con questa critica Sraffa era riuscito a "vendicare Marx", avendo dimostrato l'assenza di valide basi analitiche per il pagamento del profitto e della rendita e avendo quindi implicitamente evidenziato la loro intima connessione con il fenomeno dello sfruttamento. Il secondo punto, tuttavia, e' che la Robinson riteneva che il ritmo di accumulazione del capitale dipendesse in ogni caso dal tasso di profitto, nel senso che i capitalisti si rendono disponibili a investire solo se adeguatamente remunerati. Dal modello della Robinson emerge dunque un profitto che risulta privo di giustificazioni sul piano strettamente tecnico-produttivo, ma che preserva al tempo stesso il fondamentale ruolo di motore dell'accumulazione capitalistica. L'origine di una simile contraddizione e' presto detta: i capitalisti dispongono di un accesso privilegiato alla moneta, imprescindibile chiave di attivazione dell'investimento. Tale privilegio si e' oltretutto rafforzato proprio nell'ultimo ventennio. Infatti, a causa di politiche monetarie perennemente restrittive, del divieto per le banche centrali di finanziare direttamente la spesa pubblica e della completa liberalizzazione dei movimenti di capitale, la moneta e' divenuta sempre piu' scarsa, di proprieta' privata ed estremamente mobile. Tra le principali implicazioni di questa tendenza vi e' il fatto che da oltre un ventennio la media dei tassi d'interesse nominali si situa sempre, sistematicamente, al di sopra del tasso medio di crescita del reddito nominale, il che non soltanto contribuisce alla progressiva divaricazione tra redditi da lavoro e da capitale, ma costringe anche i singoli paesi a draconiani avanzi primari pur di contrastare l'esplosione dei debiti pubblici, e inoltre la dice lunga sull'insulsa opinione secondo cui oggi "i tassi d'interesse sono bassi" (bassi rispetto a cosa ?). Per giunta, l'accesso privilegiato ai mezzi monetari e finanziari conferisce oggi ai capitalisti il compito pressoche' esclusivo di determinare non solo il livello, ma anche e soprattutto la composizione della produzione: una sorta di "monopolio del futuro" che pregiudica qualsiasi possibilita' di innalzamento del rapporto tra beni pubblici e privati e di riconversione ecologica del'apparato produttivo, e che rinvia quindi all'infinito qualsiasi risposta sensata alla famosa domanda della Robinson: "a che serve l'occupazione?". Joan Robinson evito' sempre di offrire soluzioni univoche e generali alla contraddizione capitalistica, ma non smise mai di sottoporre il sistema di mercato a un continuo, serratissimo confronto con il socialismo di mercato e la pianificazione centralizzata. Dati i tempi e le contingenze, noi qui non oseremo tanto. Tuttavia, una cosa ci pare indiscutibile. Dal controllo dei movimenti di capitale alla democratizzazione dell'operato della banca centrale, gli strumenti in grado di delineare una credibile, razionale proposta di politica economica alternativa sono ben noti, e alla piena portata delle istituzioni europee. Ma la determinazione e la massa critica necessarie per porli in essere potra' derivare soltanto dallo spietato recupero di senso critico nei confronti di un sistema governato da soggetti privi di qualsiasi prerogativa, se non quella di godere di un accesso privilegiato ai mezzi monetari. Resta solo da chiedersi se una tale presa di coscienza si situi al di la' dei desideri e delle possibilita' dell'attuale ceto politico di riferimento, invischiato com'e' nella sindrome del "bilancio in pareggio" e nella (correlata) eccessiva frequentazione dei salotti buoni della finanza.

("Il manifesto", 15 agosto 2003)


PERCHE' ABOLIRE MAASTRICHT

Abbiamo impiegato un po' di tempo per mettere a fuoco questo obiettivo. A lungo ci siamo barcamenati alla ricerca dell'asse portante delle nostre iniziative, ma alla fine ci siamo arrivati. L'Europa di Maastricht rappresenta il nostro vincolo, il muro da abbattere. Tuttavia c'è una domanda, una domanda che ci ronza in testa, che è insidiosa, una domanda alla quale vorremmo dare una risposta precisa, netta. La domanda è questa: che cos'è Maastricht ? Ebbene, se io fossi chiamato a rispondere direi questo: direi che Maastricht è controllo [mi ricorda qualcosa...]. Maastricht è innanzitutto controllo sulla quantità di moneta, ma più in profondità, Maastricht è controllo sul nostro vissuto quotidiano, è controllo sulle nostre menti. Il Trattato dell'Unione Europea approvato a Maastricht nel 1992 rappresenta infatti il più sofisticato palinsesto di regole attualmente esistente nel mondo, costituito al fine di disciplinare l'emissione e la circolazione di moneta. Noi crediamo che gli euro che ci passano tra le mani, i miliardi di euro che circolano ogni giorno, noi crediamo che essi si muovano sulla base di un meccanismo caotico, non governabile, un meccanismo fondato sulle microdecisioni di una miriade di agenti. Ma la verità è che questo incessante turbinio, questa circolazione apparentemente caotica della moneta è in realtà fortemente condizionata dal palinsesto istituzionale, dal sistema di regole che abbiamo scelto (o che magari non abbiamo affatto scelto: del resto, qualcuno forse ricorderà che alla vigilia di Maastricht non vi fu un gran dibattito pubblico. Ci si è pure legittimamente domandati cosa stessero facendo gli esponenti delle sinistre europee mentre si scriveva il Trattato. Qualcuno ha detto che erano distratti dalla caduta dell'URSS, qualcun altro ha detto che giocavano a carte e andavano in barca [prendiamo nota sul solito post-it]; io non lo so davvero, ma vorrei saperlo [lo sapremo presto]). Sia come sia, Maastricht ha sancito il nostro sistema di regole, e quindi ha definito il modo in cui oggi gli euro vengono emessi e circolano. In particolare, gli articoli del Trattato che disciplinano il funzionamento della Banca centrale europea, gli articoli sui disavanzi pubblici eccessivi, sui movimenti di capitale, nonché il famigerato Patto di stabilità (che badate, subirà nella migliore delle ipotesi modifiche del tutto marginali, e probabilmente nemmeno quelle), tutto questo sistema di norme è stato costruito per tre scopi fondamentali:

- rendere la moneta scarsa
- rendere la moneta di esclusiva proprietà privata
- rendere la moneta estremamente mobile

La moneta è scarsa perché la Banca centrale europea, per statuto, è tenuta a stampare poche banconote, il meno possibile. La moneta è di esclusiva proprietà privata perché la Banca centrale europea è autorizzata ad iniettare moneta esclusivamente all'interno del circuito finanziario privato, presso le banche private o sul mercato dei titoli, mentre è tassativamente vietato che la Banca centrale eroghi direttamente moneta agli Stati membri dell'Unione per finanziare la spesa pubblica. La moneta infine è estremamente mobile, dal momento che in Europa e nel mondo vige ormai da anni un regime di circolazione dei capitali quasi puro, ossia quasi privo di vincoli. Sfrutto un ragazzino a Giakarta, vendo a Londra le merci che egli ha prodotto, uso il ricavato per finanziare un attacco speculativo sul peso Argentino, e infine metto il guadagno alle Isole Cayman, il tutto in un batter d'occhio, con gli agenti del fisco che arrancano dietro le mie operazioni, e i giudici con le loro rogatorie pure. Loro arrancano, ma non c'è nulla da fare, il capitale oggi è più veloce, e se la ride. Ora, per l'appunto, chi ride ? Chi gode cioè oggi di questo sistema di regole? Beh, si presume che goda chi difende questo sistema di regole, perché questo sistema è ottimamente difeso, è come un fortino. Che qualcuno ci provi a mettere in discussione gli articoli del Trattato, che ci provi. La reazione è immediata, ed è feroce. Banchieri, esponenti della comunità finanziaria, esperti, opinionisti, nonché spesso e volentieri alcuni esponenti dei partiti che il movimento vota [prendiamo ancora nota, sempre sul solito post-it], questi signori riempiranno gli spazi mediatici e le pagine dei grandi giornali per gridare allo scandalo, all'atto terroristico, proprio così, all'atto terroristico. Ci diranno che il rischio d'inflazione è altissimo. Ci diranno che la stabilità e il benessere dipendono dal rigoroso rispetto delle regole di Maastricht, e che violarle ci condurrebbe dritti sull'orlo di una crisi valutaria. In realtà bisogna dire che noi, noi che di moneta ne vediamo poca (e ne vedremo sempre meno se non ci diamo una mossa), noi per il momento siamo sull'orlo di una crisi di nervi, non di una crisi valutaria. Eppure il martellamento è tale che finiamo per crederci a tutte quelle panzane. Finiamo per crederci davvero. Maastricht infatti è controllo, controllo delle nostre menti. Non è un caso del resto che noi, oggi, ci barcameniamo tra una miriade di proposte e iniziative degne ma parziali, e talvolta persino contraddittorie. Mi riferisco al commercio equo e solidale, alla difesa della sovranità alimentare di José Bové, o alla invocazione ad una moralità manageriale da parte di Naomi Klein. Il che andrà pure bene, ma quando si tratta di immaginare una vera alternativa politica generale al meccanismo dominante allora il movimento ammutolisce, si paralizza. Intanto però, mentre il movimento rimane fisso a rimuginare la realtà cambia, si trasforma. La moneta scarsa, di proprietà privata ed estremamente mobile, sta infatti provocando, da oltre un decennio, un gigantesco spostamento della distribuzione del reddito a favore delle rendite finanziarie e dei profitti, e a danno dei lavoratori, dei beneficiari della spesa pubblica, dell'ambiente, e il tutto sta avvenendo ovunque, nel Nord come nel Sud del mondo. Moneta scarsa, infatti, significa alti tassi d'interesse. Oggi vi dicono che i tassi d'interesse sono bassi. Che sciocchezza: il livello dei tassi non si misura mai in termini assoluti, ma sempre e soltanto in relazione al tasso di crescita del reddito. E sono ormai vent'anni che i tassi d'interesse si situano sistematicamente al di sopra del tasso di crescita del reddito. Il risultato è che, da tempo ormai, vige nel mondo la dittatura dei creditori, la dittatura dei capitalisti finanziari, la dittatura di quelli che Tom Wolfe ha efficacemente definito "i padroni dell'universo". In Italia sussiste il seguente paradosso: per soddisfare le esigenze creditori, dei padroni dell'universo, da anni lo Stato preleva dai contribuenti molto più di quanto spende per scuola, sanità, previdenza, infrastrutture, ed è tenuto ad utilizzare la differenza tra le entrate e le uscite per pagare le rendite ai suoi creditori, ai possessori di titoli di Stato. E' questa la ragione fondamentale per cui, da anni, le tasse aumentano e la spesa pubblica si contrae. E' questa la ragione per cui si privatizza tutto per fare cassa, è questa la ragione per cui i bilanci partecipati non decollano, è questa la ragione per cui il salario sociale, nelle mani dei tecnocrati del centrosinistra, rischia di diventare elemosina. La ragione è che occorre tenere sbilanciato il sistema a favore del capitale, occorre pagare i grandi creditori, i grandi possessori di rendite finanziarie, i padroni dell'universo. I paradossi comunque sono solo iniziati, e non riguardano solo l'Europa. I Brasiliani ad esempio sono costretti ad usare il 70% del valore delle merci che esportano per pagare i creditori internazionali. Il settanta per cento delle loro fatiche finisce nelle tasche dei creditori, dei rentier. Ma torniamo all'Europa. La Banca centrale europea dice di tenere la moneta scarsa per impedire l'inflazione. In realtà così facendo essa riesce a fare qualcosa di molto più sottile: controllando la moneta, la Banca centrale controlla la crescita dei salari, controlla la distribuzione del reddito. Volete un esempio ? L'anno scorso, prima dell'attuale crisi, i sindacati tedeschi conquistarono, dopo anni di sacrifici, il primo aumento salariale al di sopra dell'inflazione. Ebbene, la reazione di Otmar Issing, autorevole esponente del direttorio della Banca centrale, fu immediata. Issing disse che l'irresponsabilità di alcuni sindacati europei avrebbe costretto la Bce a comprimere ulteriormente la quantità di moneta, e ad elevare i tassi d'interesse. Questo significa una cosa molto semplice: attraverso la minaccia dell'aumento dei tassi, e quindi della recessione e della disoccupazione, la banca centrale controlla l'azione dei sindacati, controlla le loro rivendicazioni, ostacola le battaglie sull'espansione dei diritti, attacca l'articolo 18 e le tutele contro i licenziamenti, e lo scopo è uno solo: impedire il rafforzamento contrattuale dei lavoratori, impedire che essi accrescano il loro controllo sulla produzione e sulla distribuzione del reddito. Maastricht è controllo, controllo sul lavoro, controllo sul nostro vissuto quotidiano. Ora, io qui vedo tanti giovani. E' una fortuna ed è una necessità. E' una necessità perché anche a causa di scelte irresponsabili e autolesioniste da parte della sinistra [aggiungiamo note su note], i giovani stanno pagando più di tutti gli effetti dell'Europa di Maastricht. Il loro ingresso nel mondo del lavoro è sempre più traumatico, le loro retribuzioni sono crollate in rapporto a quelle degli adulti, che a loro volta sono crollate in rapporto ai profitti. I giovani sono stati da tempo abbandonati al loro destino, e questa scelta le sinistre la stanno pagando carissima. E badate, molti di questi giovani, soprattutto quelli appartenenti agli strati più bassi e invisibili della società, oggi votano a destra. Io credo che la sinistra e il movimento debbano imparare ad intercettarli, debbano cioè imparare una cosa che non sanno ancora fare [anch'io lo credevo, prima di credere che forse non è tutto "casuale"]. Una simile sfida, badate, è decisiva, perché la vera partita si giocherà nei quartieri popolari, nelle aree cioè in cui, da tempo, gran parte della sinistra politica e del movimento non si azzardano nemmeno ad entrare [appunto]. Ah, detto per inciso: io non aspetterei che qualcuno venga a salvare i più giovani. Io mi aspetterei piuttosto che i più giovani decidano di agire, per salvarsi da sé [v. prossimo post]. Questo per quanto riguarda il lavoro. Ma non c'è solo l'attacco al lavoro e ai più giovani, c'è pure l'attacco all'ambiente. Un esempio facilissimo, uno tra tanti. Ogni volta che i tassi d'interesse aumentano, il debito dei paesi poveri si espande, e guarda caso, aumenta lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali di quei paesi, aumentano le deforestazioni. E la ragione è semplice: questi paesi le provano tutte pur di tentare di pagare i debiti e liberarsi dalla morsa dei creditori. Ma in assenza di un'accorta politica di preservazione le risorse presto finiscono. E poi, ricordate, oggi la moneta è mobile e i capitali fuggono se non vengono adeguatamente remunerati. E sotto la continua minaccia della fuga di capitali, la morsa dei creditori è stretta. Nessun paese, dico nessuno, è mai riuscito a liberarsi. E non ci riuscirà nemmeno Lula, sul quale tante speranze avevamo riposto. Lula infatti è stato costretto a rinunciare alla rinegoziazione del debito, è stato costretto a sottostare alle condizioni da strozzinaggio dei creditori internazionali, di cui molti europei. La questione a questo punto è quella di sempre: che fare ? Innanzitutto io direi che è bene fare autocritica, a sinistra e più in particolare dentro il movimento [autocritica ? troppo tardi. fra poco sarà bene dare spiegazioni soddisfacenti a qualche milione di persone, e non vorrei trovarmi nei loro panni]. Noi dobbiamo fare autocritica perché siamo ancora vaghi, velleitari, perché giriamo intorno al problema alla ricerca di soluzioni comode, facili, magari glamour. Ma la sfida che abbiamo di fronte non è facile, non è glamour. Noi dobbiamo uscire dal ventennio liberista, dobbiamo trovare la via di fuga, e dobbiamo farlo in fretta perché i più giovani stanno già fungendo da cavie per degli esperimenti in vitro di capitalismo puro, un capitalismo senza compromessi. Il primo passo in questa direzione deve essere netto, inequivocabile, e attiene all'analisi del capitalismo, e della sua fondamentale contraddizione. Il capitalismo è un sistema governato da soggetti privi di qualsiasi prerogativa, se non quella di godere di un accesso privilegiato, privato, esclusivo ai mezzi monetari. I padroni dell'universo non hanno nessuna virtù. Essi dispongono semplicemente della proprietà privata della moneta, e quindi dispongono di noi. I padroni dell'universo naturalmente dispongono della moneta, quindi comprano i media, comprano i politici, e potranno quindi farvi raccontare la vecchia favola Vittoriana, quella secondo cui essi in realtà risparmiano, accumulano, investono, e quindi sono legittimati a governare il mondo. Ma si tratterebbe ancora una volta di controllo. Perché vedete, sono ormai decenni che grazie a Marx, a Keynes, a Sraffa e a molti altri, noi sappiamo che queste sono panzane, noi sappiamo che il capitale è parassitario, che sussiste e governa a causa del controllo sulla moneta. Per afferrare la natura parassitaria del capitale riprendiamo la sequenza della favola Vittoriana: risparmio, accumulazione, investimento. Ascoltandola, Marx proporrebbe un piccolo passo indietro, e chiederebbe ai padroni dell'universo: ma da dove viene il vostro risparmio, se non dal lavoro altrui? E Keynes aggiungerebbe: come fate a partire dal risparmio ? Il risparmio non esiste se non c'è il reddito, e il reddito non esiste, non viene prodotto, se non c'è la domanda, se non c'è l'investimento. Marx direbbe insomma che la sequenza è falsa perché pretende di celare lo sfruttamento. E Keynes aggiungerebbe che la sequenza è falsa perché ribalta la realtà. Su questo punto, badate, non si transige. Su questo punto convenivano persino Marx e Keynes, su questo punto convenivano persino i bolscevichi e i socialdemocratici. E non a caso convenivano. Perché la coscienza del carattere parassitario del capitalismo non è una questione accademica, è questione politica capitale. Perché nel momento in cui si insinua l'idea, in tutti noi, che in fondo se il sistema funziona così una ragione dovrà pur esserci, se lasciamo vincere l'idea dominante secondo la quale chi ci controlla è più bravo, più virtuoso, più dotato e quindi in fondo è legittimato a controllarci, ebbene se questa fuorviante visione del mondo non viene messa sotto processo, allora noi, noi tutti, comunisti, verdi, socialdemocratici, noi procederemo sempre a tentoni, come degli ubriachi che passeggiano di notte senza una meta, o peggio, come degli isterici, che contestano il "padre" ma che in fondo non sanno fare a meno di lui. Insomma, noi vogliamo cambiare il mondo. Ma la domanda è: lo vogliamo il potere per cambiarlo, si o no ? Perché vedete, se vogliamo il potere dobbiamo andarcelo a prendere, e per farlo dobbiamo innanzitutto comprendere che qualsiasi credibile azione politica che sia guidata dal desiderio immortale di libertà e di uguaglianza, qualsiasi azione di questo tipo esige che si conosca a menadito il profilo del nemico, e che soprattutto se ne conosca la natura parassitaria. Lo considerate un fatto scontato ? Ma non è un fatto scontato. La natura parassitaria del capitalismo non è un fatto scontato all'interno del movimento perché il movimento non ha nessuna idea precisa in merito al capitalismo, e la ragione è che in nome di una pelosa invocazione all'unità non si è finora aperto un vero dibattito sulla questione, non si è aperta una vera fase dialettica. E la dialettica è come l'aria. Se non c'è prima o poi si muore. [sono passati due anni, e infatti siete morti] Auguriamoci allora che il confronto dialettico inizi, e che inizi prima dell'implosione. Io propongo a questo proposito, ad ATTAC [questa ATTAC ? che burlone!] e al movimento, di definire un obiettivo politico molto preciso, quello che a mio avviso dovrebbe essere l'obiettivo politico prossimo venturo. Dico l'obiettivo e non gli obiettivi perché credo che non se ne possa più di questo caotico supermercato delle idee. C'è assoluto bisogno di uno schema, di un paradigma generale entro il quale far confluire tutte le nostre battaglie. Bové, Klein e tutti gli altri vanno pure bene, ma bisogna far confluire le forze in un punto focale, bisogna concentrare lo sforzo nella definizione di uno schema di azione coerente. Lo schema è quello delineato: le regole che governano la circolazione monetaria, e in particolare il nostro Trattato di Maastricht, hanno reso la moneta scarsa, di proprietà privata e mobile. Abbiamo visto che questo stato di cose condiziona tutti, dico tutti gli aspetti del nostro vissuto quotidiano, e soprattutto, rappresenta al tempo stesso l'origine e il vincolo di tutte le rivendicazioni del movimento, dalla lotta contro le privatizzazioni alle battaglie per i diritti, per l'articolo 18, per il salario sociale, per la tutela delle risorse naturali. Pertanto, visto che Maastricht è origine e vincolo del movimento, io dico che dobbiamo scardinare quel Trattato, io dico che l'unica cosa credibile da fare è stabilire che il movimento non tratta e non sostiene politicamente chi non sia pronto a riscrivere l'Europa partendo dal suo nucleo, partendo da Francoforte, dalle regole che disciplinano i mercati finanziari e la Banca centrale europea, le regole cioè che governano l'emissione e la circolazione di moneta. Sebbene tra mille resistenze ed equivoci, con la Tobin tax qualcosa si era mosso nella giusta direzione [?], ma adesso occorre fare molto di più. Il movimento deve mettere in piedi un processo politico, un processo agli articoli da 56 a 60 del Trattato dell'Unione, dedicati ai movimenti di capitale; nonché agli articoli da 99 a 111, dedicati alle politiche fiscali e monetarie. Solo in questo modo riusciremo ad imporre la sovranità democratica sulla moneta, e riusciremo quindi a riprendere possesso delle nostre vite. E se all'interno del movimento qualcuno ritiene che non sia questo l'obiettivo capitale, allora è il caso che si faccia avanti e che lo dica a chiare lettere in un confronto pubblico. Lo ripeto: questo deve essere il tempo della dialettica, il tempo della selezione delle idee giuste e vincenti in un supermercato politico ipertrofico, carico di prodotti inutili o avariati. Una volta definito l'obiettivo, si tratterà di affinare gli strumenti per l'azione. A questo proposito, mi dispiace, ma io ne conosco due soli: il sindacato e il partito. Pertanto dico: il movimento ha senso se opera dentro e fuori le istituzioni partitiche e sindacali per spingerle nella direzione dell'attacco al Trattato. Dunque operiamo, e facciamolo in fretta. Maastricht è controllo, ed è tempo di liberarsi.

(Attac.it, 11 settembre 2003)

martedì, febbraio 22, 2005

Per non dimenticare, ma sul serio!

da luogocomune.net
scrive Linucs:
"Io - tra l'altro - ancora non ho capito come riuscirà il fascismo rampante a risolvere il problema del debito con la riapertura delle case chiuse: forse vuol far pagare il debito pubblico alle battone. Ma visto che qui si parla di beghe personali, delle quali ahimé interessa ben poco, inviterei i presenti a discuterne in privato prima di sputtanare definitivamente l'unico sito italiano con del materiale sul 9/11 a forza di uova al tegamino, fiamme tricolore, gente appesa a testa in giù ed altre amenità.E gli antifascisti variopinti ed assortiti non si illudano, che non solo il socialismo rampante ne ha accoppati anch'esso in quantità, ma facendo un semplice conto si ottiene che qualunque Stato dotato del potere di uccidere i propri o gli altrui cittadini prima o poi finisce per farlo.Chiediamoci - tra l'altro - chi ha appoggiato il fascismo agli esordi, magari in futuro eviteremo di appoggiare qualche altra gran sorpresa solo perché al momento ci fa comodo. I lavoratori che tanto si pregiano di far parte della "classe operaia in lotta" si chiedano se gli operai in Germania all'inizio hanno sostenuto Hitler oppure no, e per quale motivo.Ci sarà da spaccarsi in due dalle risate - e dal pianto - quando scoppierà un gran casino (tipo un 20% di famiglie in bancarotta, per dirne una). Magari salterà fuori il personaggio di "Forza Nuova" che l'altro giorno mi ha fermato per strada con il volantino "Per uno Stato che batta moneta propria", contro i quattro fessacchiotti appena usciti da un concerto al centro sociale che non hanno idea di che cosa si stia parlando. Cosa diranno questi, "aspettate, ci dobbiamo riunire in collettivo perché a forza di parlar di boiate non abbiamo avuto tempo di capire cosa stava succedendo?"Vi ricordo che il fascismo rampante non si combatte solo con le canzonette. Fai finta che un orrendo fascista di Forza Nuova tolga la foto di Mussolini dal tavolo, si dia una sistemata, si metta una giacca e una cravatta, e finisca con un calcio in culo in televisione in occasione dello spazio dato "a tutti" in campagna elettorale.Secondo voi, se quello si mette a parlare seriamente di banche e soldi, non tira fuori un 30% di voti? E di chi sarà la colpa, sua o dei politicanti omertosi che con la loro evvemoscia si saranno baloccati fino a quel momento invocando "i diritti", senza informare i loro elettori su chi gliela sta mettendo in quel posto? Se quello dice "lo Stato stamperà soldi per garantire un reddito di cittadinanza a tutti gli Italiani Veri e Puri, ma gli immigrati tutti fuori", ci sarà qualcuno che voterà "no voglio morire di fame insieme ad Ahmed e Zimbulu per la solidarietà multiculturale?" Al contrario, quelli che oggi usano questi poveracci per sentirsi buoni e solidali saranno i primi ad andarli a cercare per buttarli nel Mediterraneo.Ho una grande idea per combattere il fascismo rampante: lasciamoli organizzare in pace, continuiamo a prenderci/prenderli per il culo e quando il giocattolo fa il botto lamentiamoci che non abbiamo capito come hanno fatto a prendere tutti quei voti... ma chissà come avranno fatto... e tutti a piangerci addosso (o emigrare in Estonia o in Lettonia, ipotesi ogni giorno più allettante.)"

lunedì, febbraio 21, 2005

L’Euro: la più colossale rapina delle masse europee

da pane-rose


Basta piagnuccolare sull'impoverimento crescente!
Lotta a fondo, invece, all'arricchimento dilagante sulle nostre spalle.
(7 novembre 2004)

La nuova moneta ha comportato, dal primo gennaio 2002, la sostituzione di 13 miliardi di banconote e 7 miliardi di monete. Dal 1° marzo 2002 l'euro è divenuta l'unica valuta avente corso legale in Italia.

L'introduzione dell'euro, la moneta unica europea, è stato un fatto epocale, che ha coinvolto un intero continente, oltre 370 milioni di cittadini di dodici Paesi (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Lussemburgo, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna).

Passando i mesi, questi euro-cittadini si accorgevano che i conti non tornavano più. Stando in Italia, mentre l’Istat registrava “tranquilli” aumenti dei prezzi dell’ordine del 2,5-2,7%, la massaia o il pensionato addetto alla spesa quotidiana, notava aumenti dei prezzi spropositati. Col 2003, l’ignoranza popolare giungeva alla bestemmia (fortemente redarguita da economisti accademici e soprattutto dai nostri saggi governanti): 1€ = 1.000 Lit.! La banconota da 50€ = 50.000 vecchie lire, ecc. Solo così ragionando si evita(va) di uscire pazzi: i conti torna(va)no, e l’Istat aveva ragione. Il problema era, ed è, che i salari, gli stipendi e le pensioni vengono calcolate utilizzando, rigorosamente, l’equivalenza 1€ = 1.936,27Lit.; mentre i prezzi delle merci, beni e servizi, sono calcolati sulla base dell’equivalenza 1€ = 1.000Lit. Pertanto, la rapina (perché ormai il popolo ignorante ha capito che di rapina trattasi) non consiste(va) semplicemente nel vizietto dell’arrotondamento in eccesso, bensì in una colossale manovra di spostamento di ricchezza dalle masse popolari alle banche centrali (dalla Bce, giù fino a Bankitalia), da queste alle banche ordinarie, e dalle banche ai capitalisti.

Qui possiamo solo accennare alle tecniche monetarie e finanziarie usate dai ministri europei e dai banchieri centrali per portare a segno la rapina del millennio, a mano disarmata. Non siamo degli specialisti in materia. Attendiamo, pertanto lumi, da chi lo è, soprattutto da chi non ha (ancora) venduto oltre che l’anima anche il proprio cervello al capitalismo parassitario. La prima tecnica pare sia stata lo stesso calcolo dei parametri di conversione. Mentre le nostre vecchie 2.000 sudate lire andavano cambiate in circa 2 euro, si è deciso che avremmo dovuto ricevere in cambio una sola schifosissima monetina da 1€. Una gran parte del “resto che cola” è attribuibile al “diritto di signoraggio”, cioè al diritto che permette a chi conia moneta (lo Stato, tramite la banca centrale) di vendercela ad un prezzo superiore al costo di produzione. In parole povere, poniamo che il costo di produzione di una moneta da 1€ sia di 0,70€, la differenza (cioè 0,30€) costituisce il signor-aggio (l’aggio del Signore) incamerato dalla Bce, da Bankitalia, ecc.

Ci sono, per stare al nostro esempio, ancora circa 0,20€ che mancano, nelle nostre tasche, e sono ancora da spiegare.

Nel periodo di passaggio all’Euro, il corso dell’oro è stato il seguente: 31/12/2001 > 279,00 Us$/oncia; 31/12/2002 > 348,20. Guarda caso l’oro per i 4 anni precedenti si era attestato al livello del 2001:
29/12/2000 > 273,60
31/12/1999 > 289,60
31/12/1998 > 289,20
31/12/1997 > 289,90.
E’ vero che ormai i nostri sistemi monetari sono a corso forzoso, cioè formalmente disancorati dall’oro. Ma l’oro resta sempre Il Denaro, la merce universale, cui tutte le merci fanno, idealmente, riferimento. Per inciso, proprio ieri, 4/11/04, l’oro ha raggiunto i massimi da 16 anni: al fixing di Londra la quota raggiunta è stata di 432,15/432,90 dollari/l’oncia, guadagnando negli ultimi due giorni 10 dollari/l’oncia! Ora, le banche centrali detengono grosse riserve auree; che utilizzano per influenzare – quando occorre – il prezzo dell’oro stesso: facendolo diminuire vendendolo, e aumentare acquistandolo. Basterà controllare l’andamento delle riserve auree bancarie dal 2001 al 2002, per verificare se e come le banche centrali hanno contribuito all’innalzamento del prezzo dell’oro, il quale a sua volta ha influito sul deprezzamento (implicito) della lira nel suo passaggio all’euro.

Questo nei rapporti tra euro-capitale finanziario e masse popolari europee. Si potrebbe obiettare che anche i capitalisti, la mattina del famigerato 1 gennaio 2002 (è la data di commissione del reato) sono stati a loro volta rapinati, per cui i rapinatori avrebbero, in parte, rapinato se stessi. Le cose non stanno realmente così. Per prima cosa bastava aver tenuto i conti bancari in dollari Usa o in franchi svizzeri (fatto normale per chi s’intende, e può, di finanza): è ormai risaputo che, ad es., i conti bancari delle holding preferiscono il clima delle isole lontane (Caymann, ad es.) a quello dello stivale. In secondo luogo, i capitalisti sono stati, in ogni caso, ampiamente rimborsati con gli interessi, nei giorni successivi mediante il meccanismo asimmetrico spiegato all’inizio (salari ancorati alle lire svalutate, prezzi delle merci in euro sopravalutati). Ma c’è di più. L’euro è stato un vero e proprio campo di battaglia, nell’ambito della guerra monetaria che è iniziata dal secondo dopo-guerra tra gli imperialismi europei, e si è conclusa (per ora) l’1/1/1999 con l’accordo (di pace) sulla “moneta europea”, mentre è iniziata una guerra monetaria, ancor più estesa e violenta, tra area Euro e Usa. Chi sono stati i vincitori e chi i vinti?

L’€ altro non è che il marco tedesco assurto a moneta unica europea. Grazie all’Euro, il capitale monopolistico finanziario tedesco (e in parte franco-tedesco) ha inferto un colpo, ad es., al capitale italiano e, di riflesso, alle masse popolari italiane, diminuendone il valore reale (e quindi, salari, stipendi, pensioni). L’oligarchia finanziaria italiana si è difesa, come detto, tenendo il grosso dei propri patrimoni monetari in dollari Usa e in franchi svizzeri, parte in marchi tedeschi e franchi francesi, e scaricando i costi della svalorizzazione sui piccoli azionisti e i “risparmiatori”. Questo è avvenuto, principalmente, imponendo tassi irrevocabili di conversione delle valute, ad es. il tasso di cambio lira/euro (1936,27/1), assolutamente errati per difetto (rispetto alla lira, per noi). In secondo luogo, avendo come riferimento un rapporto di cambio 1:1 tra € e $ Usa, in un periodo in cui il $ Usa risultava sopravvalutato rispetto alla £, che era stata svalutata una decina di volte negli ultimi anni.

Riassumendo. L’€ ha impoverito le masse europee in genere (soprattutto in Italia, Grecia e Portogallo, poi Spagna e, in misura minore, in Francia e Germania). E non solo: anche una parte della borghesia concorrenziale, industriale e commerciale, cioè quella non monopolistica, è stata alleggerita; ed è quella che più si lamenta della concorrenza cinese e alimenta la Lega, An e Udc. L’oligarchia finanziaria italiana, invece, si era e si è avvantaggiata dal passaggio all’€ in quanto la moneta unica permette una più veloce (e meno costosa) circolazione europea del capitale finanziario, soprattutto nella sua forma speculativa. Non sappiamo quali altri vantaggi segreti essa abbia strappato ai tedeschi (penso ai mercati dell’est europeo, tradizionale monopolio tedesco; probabilmente se li sono spartiti: la Romania all’Italia con mano libera sui Balcani, l’Ungheria e la Cekia alla Germania; ecc.).

Su Internet stanno girando in queste settimane appelli per il recupero di quanto rapinatoci col “signoraggio”. Nulla in contrario, anzi! Resta da vedere come è possibile ottenerlo, e se ciò sia effettivamente possibile. Discutiamone. Per ora, gli operai – giustamente – rivendicano aumenti consistenti dei salari: e questa è una via pratica per recuperare parte del maltolto. Dovremmo organizzarci per ottenere anche l’aumento delle pensioni, così come la riduzione degli affitti, delle bollette (a partire da quelle elettriche, le più care d’Europa!), ecc.

Insomma, è giunto il momento di smetterla di piangerci l’uno sulle spalle dell’altro, commiserandoci a vicenda sul nostro impoverimento crescente: cerchiamo di organizzarci e di portare una lotta a fondo contro quelli che, sulle nostre spalle non piangono, bensì si stanno arricchendo all’inverosimile! (s.b.)

Echelon, il ritorno (ma perchè? era andato via?)

Echelon: la grande spia

Un sottomarino molto particolare sta per salpare dal Connecticut. dopo un restauro di quasi un miliardo di dollari e durato cinque anni, il sottomarino nucleare Jimmy Carter, che secondo la versione ufficiale sarà pronto a seminare mine, pattugliare fondali e trasportare truppe senza mai riemergere, in realtà è destinato all’attività di spionaggio elettronico che gli USA portano avanti dagli anni ’40.

Nel 1947 gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno stipulato un accordo segreto per proseguire la loro collaborazione nell'attività di spionaggio già iniziata durante la guerra, per intercettare principalmente comunicazioni radio sovietiche.Tale accordo e' noto come patto UKUSA, al quale successivamente si sono aggiunti, come parti secondarie, il Canada, la Nuova Zelanda e l'Australia.
Per anni ogni paese membro dell'UKUSA intercettava e analizzava le comunicazioni in modo indipendente dagli altri paesi, utilizzando solo le stazioni presenti sul proprio territorio. Negli anni successivi alla guerra fredda, vennero integrati i sistemi di intercettazione su progetto dell'NSA (la maggiore agenzia di intelligence americana), in modo che ogni paese potesse accedere ai dati raccolti da qualsiasi stazione di intercettazione. E' da questo momento che gli obiettivi diventano civili e non più militari, le nuove minacce sono il terrorismo e la criminalità organizzata, ed e' grazie a queste nuove esigenze che il sistema e le agenzie di spionaggio governative che ne fanno uso trovano un nuovo motivo di esistenza. Nasce così il progetto Echelon.

Letteralmente il termine Echelon vuol dire "gradino". L'origine di questo termine risale probabilmente alla natura dell'accordo UKUSA. Secondo quanto scritto dalla ricercatrice freelance e giornalista investigativa Susan Bryce : "UKUSA e' un' accordo a gradini, la NSA e' chiamata primo partito... rispetto agli altri paesi dell'accordo, si assume l'impegno di numerose operazioni clandestine. Fu allestita senza alcuna legislazione ufficiale e non c'e' nulla, legalmente, che non possa fare. La NSA può essere descritta solo come il più grande di tutti i fratelli".
Il termine Echelon e' un nome in codice che si riferisce ad una rete informatica, segreta fino al 1997, capace di controllare l'intero globo e di intercettare, selezionare e registrare ogni forma di comunicazione elettronica. E' composta da satelliti artificiali, super computer (definiti dizionari) e 11 stazioni a terra in grado di ricevere informazioni dai satelliti artificiali presenti in orbita.
Esistono molti sistemi di spionaggio, ma la generalità di Echelon sta negli obiettivi che non sono solo militari, ma anche civili, come ad esempio governi, ambasciate, cittadini comuni di qualsiasi paese.
Il primo componente di Echelon e' costituito da stazioni orientate sui satelliti di comunicazioni internazionali. Ognuno di questi satelliti serve come trasmettitore di chiamate telefoniche, fax ed e-mail, cinque stazioni sono orientate verso i satelliti intelsats per intercettare le comunicazioni in transito. I satelliti Intelsats sono utilizzati dalle maggiori compagnie telefoniche del mondo per le comunicazioni internazionali.
Le altre sei stazioni sorvegliano i satelliti russi per le comunicazioni e altri sistemi regionali.

Le comunicazioni a livello nazionale vengono intercettate dalle stazioni a terra, le quali sono dotate di apposite antenne. Le informazioni che transitano attraverso i cavi sottomarini vengono intercettate quando i segnali provenienti dai cavi vengono trasmessi via etere per raggiungere i destinatari.
Per quanto riguarda le comunicazioni attraverso internet il compito del sistema e' quanto mai semplice, i pacchetti di informazioni vengono intercettati nelle dorsali di maggiori capacità, grazie anche alla complicità delle compagnie di telefoni. Da notare che le vie di comunicazione maggiormente utilizzate sono quelle americane, in quanto le reti europee sono di minor capacità e quindi normalmente congestionate, la maggior parte delle comunicazioni all'interno dell'Europa e dell'Asia transitano per gli Stati Uniti.
Il secondo componente di Echelon sono 120 satelliti spia messi in orbita e gestiti dalla NSA.
Ma il cuore del sistema , che svolge il compito più difficile, e' senz'altro, dove avviene la selezione e la raccolta delle informazioni effettuata da computer, con grandi capacità di calcolo, chiamati dizionari che se necessario decifrano il messaggio e lo analizzano. Questi super computer sono dotati di parole chiavi, dette keywords, che contengono le parole o i nomi dei personaggi ritenuti interessanti per le agenzie.
Ogni stazione a terra ha un suo codice di identificazione e ogni informazione ha in aggiunta la data e l'ora in cui e' stata intercettata, oltre alla stazione di provenienza, il mittente e il destinatario. I dati raccolti vengono catalogati per argomento, possono essere comunicazioni diplomatiche, commerciali o di altro genere, questi dati vengono conservati per un certo periodo di tempo e poi vengono eliminati dalla memoria dei dizionari per far posto ai nuovi dati.
Oltre alle comunicazioni radio e satellitari, l’altro maggiore metodo per trasmettere grandi quantità di comunicazioni è costituito da una combinazione di cavi sottomarini, che passano sotto gli oceani, e reti a microonde sulla terraferma. Pesanti cavi, posati nel fondo marino tra i vari stati, si fanno carico del grosso delle comunicazioni internazionali mondiali. Dopo che escono dall’acqua ed arrivano alle basi a terra dei network a microonde sono molto vulnerabili alle intercettazioni. Le reti a microonde sono costituite da una catena di tralicci di antenne che trasmettono i messaggi dalla cima di una collina all’altra per tutto il paese. L’intercettazione di queste da possibilità di accesso alle comunicazioni internazionali sottomarine e a quelle attraverso i continenti, ed ecco che entra in gioco il nuovo USS Jimmy Carter, infatti questo sottomarino farà da sotto i mari esattamente ciò che fanno i satelliti dal cielo, ma lo farà con una marcia in più, perché fornito di uno speciale comparto centrale, chiamato “Ocean Interface”: aprendosi permetterà di depositare sui fondali marini, veri e propri laboratori grandi quanto un autobus. E questi laboratori, ovviamente, non studieranno il plancton, bensì i fasci di fibre ottiche lungo i quali corre buona parte delle comunicazioni del mondo occidentale. Sono ovviamente anche un bersaglio ovvio per intercettazioni su larga scala di classiche comunicazioni nazionali tra le persone.
Uno degli strumenti più nuovi è un sistema che consente di individuare l’identità di chi parla in base a impronte vocali computerizzate. Pare che l’arresto di Khalid Shaikh Mohammed, braccio destro di Bin Laden, avvenuto un anno fa a Rawalpindi, in Pakistan, sia avvenuto proprio grazie a questo sistema.
Agli Stati Uniti, però, le informazioni raccolte grazie a Echelon sono servite anche per comprare favori e stringere alleanze, come nel 2000, quando aiutò la Spagna ad arrestare una ventina di membri dell’ Eta, tra cui il leader Ignacio Garcia Arregui . Da allora la Spagna a dovuto ricambiare il favore, rifiutando di aderire al protocollo di Kyoto sul riscaldamento globale, partecipare ai piani per il sistema di difesa missilistico “Star Wars”.
Quando negli anni ’90, si venne a conoscenza di Echelon ciò che fece maggiormente irritare l’opinione pubblica occidentale, fu sapere che non era mai stata utilizzata per spiare l’URSS ma i propri alleati, infatti alla fine delle guerra fredda fu utilizzato per scopi commerciali, per carpire informazioni utili con le quali le aziende americane potevano fare concorrenza sleale agli europei.
Ecco alcuni degli affari che questi ultimi si sono visti sfumare: una vendita di Airbus all’Arabia Saudita per un valore di 6 miliardi di dollari e un sistema di monitoraggio ambientale da 1 miliardo di dollari destinato al Brasile. Grazie a questo giochetto gli affaristi americani si sono messi in tasca contratti il cui valore complessivo ammonta a diverse centinaia di miliardi di dollari.
L’ex-direttore della Cia, James Woolsey, in un intervista rilasciata nel 2000 al Wall Sreet Journal, ha ammesso l’esistenza di queste pratiche giustificandole dicendo che lo spionaggio industriale da parte degli americane avveniva perché i prodotti europei sono più costosi, meno tecnologici, o entrambi le cose e, per piazzarli, le aziende fanno ampio ricorso alla corruzione. Ha concluso: Noi vi abbiamo spiato perché voi fate affari a suon di bustarelle.

La risposta europea è giunta nel 2000, quando il Parlamento di Strasburgo ha nominato un comitato speciale con il compito di chiarire la questione Echelon e indicare l’atteggiamento da adottare nei confronti degli Stati Uniti. Il 5 settembre 2001 il comitato ha sottoposto le proprie conclusioni a Bruxelles, che ne ha approvato in pieno le raccomandazioni. Sei giorni più tardi l’attacco alle Torri Gemelle ha però mutato il corso della storia e distolto l’attenzione mondiale dalle attività di spionaggio industriale degli americani. Oggi i governi della Gran Bretagna e degli Stati Uniti sostengono che il sistema serve a combattere il terrorismo e il traffico di armi.

Liberi di coniare una moneta privata

"Benchè la ricetta austriaca del ritorno alla moneta-merce sia incredibilmente grottesca, Ricossa è uno dei pochi che - quando arriverà il momento - non sarà chiamato a dare spiegazioni."

di Sergio Ricossa

Certamente i falsari dell’euro sono già all’opera. Se non fosse così, bisognerebbe dubitare dell’importanza dell’euro. Più una moneta è importante e più conviene falsificarla. Immagino dunque che vi sia un’Europa dei falsari in piena attività, ancorché sotterranea. Debbono le autorità perseguitare questi lavoratori in nero? I giuristi non esiteranno a rispondere di sì. Qualche bizzarro economista potrebbe invece rispondere di no, e argomentare che la Banca Centrale Europea si accinge a continuare una politica deflazionistica all’eccesso e pertanto dannosa agli affari. I quali affari sarebbero rinvigoriti da una maggiore quantità di moneta in circolazione non importa se moneta buona o moneta falsa. Un ulteriore punto di vista è quello dei libertari o anarco-individualisti che dir si voglia. É una varietà di homo sapiens in via di estinzione in Europa, ma non ancora in America. Costoro sostengono che tutta la moneta cartacea è falsa, pur quando esce regolarmente da una banca centrale con firma autentica del governatore. Ed è falsa per la semplice ragione che un pezzo di carta vale nulla. Un pezzo d’oro, sì; un pezzo di carta, no, mai. La moneta aurea è buona (ma non esiste più), la moneta cartacea è un sopruso dello Stato, uno dei tanti soprusi a danno dei cittadini. Prova: esaminate un biglietto della Banca d’Italia, e ci trovate scritto "pagabile a vista al portatore", che è una bugia. In cambio del biglietto, la Banca d’Italia non dà nulla, se non un altro pezzo di carta. L’oro se lo tiene per sé. [l'articolo è del '98. e infatti oggi sugli euro non c'è più scritto niente del genere]

I libertari concludono che i falsari, oggi, non andrebbero puniti, la logica non potendo considerare reato il falso di un falso. La conclusione richiama alla mente Nestor Makhno, anarchico ucraino e capo di una banda di guerriglieri dal 1917 al 1921, il quale cominciò col combattere i tedeschi e finì col combattere i comunisti. Dove arrivava, emetteva fiumi di cartamoneta falsa, ma sui biglietti faceva onestamente stampare: "I falsari non saranno puniti". É un tipo di onestà rara e inconcepibile dentro la Banca d’Italia, la Banca Centrale Europea, la Federal Reserve, il Fondo Monetario Internazionale, eccetera.

Una onestà del genere non appartiene più alla sfera pubblica. É ipotizzabile che rimanga, quale reperto archeologico, nella sfera privata. Durante gli ultimi sussulti della seconda guerra mondiale, in assenza dello Stato, i privati inventarono varie monete "vere", ossia con valore intrinseco, seppure minimo: la caramella, la sigaretta, cose così. [l'autore purtroppo ignora che la scuola italiana di economia, sulla base delle elaborazioni di Giacinto Auriti e Domenico De Simone, ha dimostrato che il ritorno alla moneta merce è una grottesca follia, mentre invece è possibile, giusto e necessario l'accredito universale dei simboli monetari per garantire a tutti gli esseri umani il diritto alla vita incondizionato] Non servivano per i grandi pagamenti, ma risolvevano il problema di dare il resto. Alcuni commercianti stamparono la loro cartamoneta, che però, a differenza di quella della Banca d’Italia, a differenza dello stesso euro, era convertibile in beni utili disponibili presso gli emittenti: generi alimentari, per esempio. Il che fa riflettere.

Nulla impedisce in un Paese libero che un’associazione di privati conii una moneta aurea, che sarà accettata da chi vorrà accettarla. Nulla impedisce che una pluralità di associazioni private conii una pluralità di monete auree, scambiabili fra loro secondo cambi fissi dipendenti dalla quantità di metallo prezioso in esse contenuto. Anzi, l’esperimento, in nuce, è avvenuto con la creazione dell’Hayek (dal nome del premio Nobel per l’economia Friedrich von Hayek), e poi ancora circolano marenghini vari (ma di origine pubblica). [oggi esiste anche la moneta privata "Liberty Dollar" parzialmente basata sull'argento] Non vi sono, per il momento, le condizioni perché l’Hayek faccia concorrenza all’euro, e forse non ci saranno mai. Nondimeno, la moneta privata non è un’utopia. [lo dimostrano le ormai 4000 monete locali sparse per il mondo]

Se la Padania di Bossi conia la sua moneta, e se l’Italia è un Paese libero, non esiste illegalità alcuna, e quella moneta può circolare ovunque la gente non la rifiuti. É il trionfo della libertà e della volontarietà, contro l’imposizione statale. É pure una bella mossa propagandistica per il privato emittente, che guadagna in notorietà perfino se il suo profilo non compare (per modestia) su una faccia del disco; per non parlare dei diritti di signoraggio, che sono i profitti di chi procede all’operazione industriale di conio. Insomma, in materia monetaria ci si può liberare almeno in parte dalla schiavitù verso Roma, oggi, verso Francoforte, domani. In alternativa, si dimostra di essere schiavi. [quello che oggi siamo]

S’intende che il fisco non accetterebbe mai di essere pagato con moneta privata. [falso: oggi in ogni paese il fisco accetta le monete private, locali, complementari, alternative, sociali e comunitarie, dal "Liberty Dollar" alle Ithaca Hours] Ma gli darebbe ugualmente fastidio appigliarsi a cavilli legali e illiberali per incatenare l’iniziativa privata con antiche e nuove catene. Sarebbe già una vittoria per i cittadini libertari costringere il potere pubblico a togliersi la maschera abusiva che porta e che lo fa apparire buono, al nostro servizio, rispettoso delle nostre autonomie, secondo in "principio di sussidiarietà" tanto citato quanto disatteso. ("il Giornale" - 24 Luglio 1998)