mercoledì, gennaio 04, 2006

Argentini con i contro cojones!




da L'Arena
Mercoledì 4 Gennaio 2006

L’economia dello Stato sudamericano continua ad attrarre investimenti stranieri
L’Argentina cancella il debito
Dopo 50 anni Buenos Aires ha sanato i conti con il Fmi


Buenos Aires. L’Argentina ha voltato pagina. Ieri, dopo mezzo secolo, ha rimborsato fino all’ultimo centesimo di dollaro il Fondo monetario internazionale. In un sol colpo, con una complessa operazione finanziaria scattata giovedì scorso, ha pagato all’organismo circa 9,5 miliardi di dollari. La somma è stata prelevata dalle riserve internazionali della Banca Centrale che hanno superato i 28 miliardi di dollari - il Tesoro l’ha compensata con bond non trasferibili a 10 anni, che rendono gli stessi interessi - e che, secondo quanto ha assicurato il suo presidente Martin Redrado, sarà possibile recuperare già nel corso del 2006.
Le avvisaglie non mancano. Il ministro dell’economia Felisa Miceli ha annunciato l’altro ieri che, nel 2005, il gettito fiscale è aumentato del 21%. In pratica, e come era già successo nel 2004, l’Argentina chiude l’anno con un attivo primario al di sopra del 4% del Pil. A tutto ciò si aggiunge il fatto che il trend dell’aumento del tasso di sviluppo a ritmi cinesi continua. Dopo un accumulato di quasi il 30% negli ultimi tre anni - record storico - i pronostici indicano che, anche quest’anno, il Pil si incrementerà almeno del 7,5%.
Però, come non potrebbe essere altrimenti, visto tale trend, su tanto scenario favorevole si staglia la spada di Damocle dell’inflazione. Il costo della vita nel 2005 supererà infatti il 12%, quasi il doppio del 2004. Le variabili macroeconomiche dall’attivo fiscale a quello della bilancia commerciale (11,7 miliardi di dollari) e, ovviamente, la crescita del Pil, dovrebbero però evitare grossi pericoli.
Con l’aggiunta che questo contesto potrebbe continuare ad attrarre investimenti che, dal 11,8% del Pil del 2002 sono passati al 20,5% attuale: secondo gli specialisti, con altri tre punti in più, il presidente Nestor Kircher, toltosi di mezzo il Fmi, può guardare con ottimismo al futuro, cavalcando le sue ricette, più o meno «keynesiane», contrarie a quelle liberiste dell’organismo.

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