Un prodigo avaro: Trichet
di Marco Giacinto Pellifroni
Il continuo apprezzamento dell’euro sul dollaro fa sorgere ragionevoli domande, pur senza speranza di risposte da un’Eurotower blindata grazie a leggi infami volute dai passati governi senza alcuna consultazione popolare nonostante la loro rilevanza; leggi che la isolano da qualsivoglia interferenza nelle decisioni dei suoi vertici, che giocano con l’esistenza, e spesso la sopravvivenza, del nostro apparato produttivo, e quindi di tutti noi very normal people.
Si assiste, sulle due sponde dell’Atlantico, a politiche monetarie in parte convergenti, in parte divergenti. La politica convergente delle due rispettive banche centrali non fa che confermare, se mai ve ne fosse bisogno, data la loro struttura privata, la difesa a oltranza delle loro proprietarie: le banche commerciali, e più ancora quelle più squisitamente finanziarie, le CIB (Corporate Investment Banks), ideatrici dei derivati, collaterali, leverages, etc., ossia di tutto quel castello di carte in corso di crollo. Infatti, sia la Federal Reserve americana (Fed), sia la Banca Centrale Europea (BCE), non fanno che pompare liquidità nel sistema bancario, a ritmi di decine, quando non centinaia di miliardi di dollari ed euro, rispettivamente. Questo, nell’ovvio intento di salvarlo dalla bancarotta, di cui è esso stesso causa. Si effettuano insomma, senza troppo clamore, dei salvataggi plurimi (bailouts) sullo stile degli interventi di Stato di non remota memoria per impedire il collasso di aziende comunque decotte. Del resto, le banche centrali sono dichiaratamente lì anche per questo, come salvatori di ultima istanza; e non stupisce che sia la Fed che la BCE stiano accettando dalle banche disastrate, pagandoli in moneta sonante (si fa per dire) o in buoni del Tesoro, tutti quei titoli spazzatura della finanza strutturata che nessuno più vuole, e idonei ormai solo per le cartiere di riciclaggio.
La politica divergente invece vede, a Ovest, la Fed impegnata in ripetuti, e ravvicinati, tagli dei tassi; mentre in Europa la BCE di Trichet, dopo averli ripetutamente alzati sino al giugno scorso, non presta ascolto ai lamenti che da varie parti d’Europa si levano affinché segua, sia pur in parte, l’esempio del suo collega d’oltreoceano, Ben Bernanke.
Ora, mentre la politica di Bernanke, per quanto criticabile per l’entità delle operazioni, è perlomeno coerente sui due versanti, nel senso che entrambi provocano dichiaratamente inflazione, che si accetta per tentare di attutire gli effetti della recessione, quella di Trichet è contraddittoria, poiché egli non fa che lanciare anatemi contro l’inflazione, arrivando persino a chiedere il blocco dei salari, già esangui; ma, nello stesso tempo in cui demonizza i tagli dei tassi, si abbandona a maxi-trasferimenti di liquidità, cioè di soldi nostri, nel circuito bancario per salvarlo dalle sue stesse acrobazie truffaldine. Con una mano toglie (a noi) per profondere generosamente con l’altra (alle banche). Insomma affama la parte produttiva della nazione per profondere quanto le toglie alla parte parassitaria, colpevole dell’attuale dissesto. Di qui il mio epiteto di “prodigo avaro”.
Ma l’intervento che né l’uno né l’altro si decidono a fare è ancora più importante dei primi due: alzare la riserva monetaria obbligatoria; una mossa che, se fatta a tempo debito, avrebbe in buona parte impedito tutto il walzer di indebitamenti a catena, basati sul nulla, in cui si sono voluttuosamente lanciate tutte le compagnie finanziarie di ogni ordine e grado: dalle CIB alle compagnie monoline, ossia garanti della solvibilità dei bonds, emessi allegramente con l’avallo di garanzie fasulle, sia dalle suddette finanziarie sia, in volumi crescenti, dagli stessi enti pubblici, locali (munibonds) e federali, a loro volta garantiti da compiacenti o colluse società di rating, quelle cioè che danno i “voti” di affidabilità alle società, agli enti pubblici e addirittura agli Stati.
Insomma, di tutto fanno questi governatori centrali tranne che intervenire per salvare i cittadini che improvvidamente si sono consegnati, imbavagliati e con mani e piedi legati, nelle loro pelose mani: quelli americani dal lontano 1913,
quando fu fondata la Fed; e noi europei a partire dal funesto Trattato di Maastricht nel 1992, preludio alle catene dell’euro; trattato che impedisce al nostro Ministero del Tesoro di concertare con la Banca d’Italia i tassi di sconto, la quantità di nuova valuta circolante, la riserva frazionaria obbligatoria per tamponare l’emorragia di mutui e crediti al consumo concessi dalle banche e che tanta parte hanno avuto nella crescita dell’inflazione e nei conseguenti default.
Le politiche monetarie centrali, con la scusa di salvare l’economia, in realtà per ingrassare le banche loro azioniste, sono state determinanti nel favorire il formarsi di bolle speculative i cui successivi scoppi hanno fatto milioni di vittime tra i risparmiatori o anche solo nelle borse della spesa giornaliera. E la bolla più devastante è stata certamente l’ultima, seguita al 9/11, dove la moneta facile ha trasformato Stati Uniti ed Europa in immensi cantieri edili, con l’aggiunta, per i primi, di una “ripresa” drogata dalle spese infinite di guerre senza fine, specie in Iraq per la difesa all’ultimo sangue dei privilegi del dollaro. Coi risultati oggi sotto gli occhi di tutti.
A questo punto, riprende vigore il dibattito se l’intervento nell’economia di enti privati con ruoli tipicamente pubblici, come quello di una banca centrale, abbia ancora un senso. Infatti, le ripetute, massicce iniezioni di liquidità da parte delle banche centrali a sostegno di banche e borse non sta conseguendo effetti di rilievo, visto il continuo declino dei mercati azionari e la cattiva salute delle maggiori banche mondiali. Considerati i modestissimi risultati dei loro interventi, ci si chiede se i tanto deprecati governi non avrebbero forse saputo far di meglio. In altre parole, un mercato finanziario regolato dal competente Ministero del Tesoro non avrebbe potuto evitare, agendo all’origine, i disastri cui stiamo ogni giorno assistendo? Se i tagli della Fed si stanno avvicinando al tasso zero, oltre il quale più nessun taglio è ovviamente possibile, mentre i non tagli della BCE stanno mettendo all’angolo le nostre esportazioni, non è tutto questo una dimostrazione che il passaggio di consegne dal Tesoro alle banche centrali è stato di ben scarsa utilità, o meglio di danno, all’economia reale al di qua e al di là dell’Atlantico? La cessione della sovranità monetaria del dollaro e dell’euro, dai rispettivi governi ad autorità private centrali, non ha raggiunto minimamente lo scopo dichiarato di metterci al riparo da profondi squilibri nel mercato dei cambi. Eppure, tale cessione ci è costata in una misura che maggiore non avrebbe potuto essere: il formarsi di un crescente debito pubblico, inestinguibile, e gravato di un interesse a totale arbitrio delle banche centrali, presunte salvatrici degli interessi collettivi. Un prezzo folle, suicida, che solo la collusione tra politici e banchieri ha potuto consigliare; e per giunta senza la minima partecipazione popolare, tenuta per decenni all’oscuro di questo patto occulto.
Patto di cui non si sente parlare, neppure in questi convulsi giorni pre-elettorali, da nessuna delle compagini antagoniste; e si dà per scontato che questa “tutela” dei nostri soldi da parte di una lobby privata e sovranazionale sia quanto di meglio possiamo desiderare. E non si venga a dire che personaggi come Berlusconi, Veltroni, Bertinotti e Casini non siano perfettamente al corrente di quanto da quasi due anni vado, da questa tribuna, denunciando ad un uditorio purtroppo assai più circoscritto di quello cui si rivolgono lorsignori.
Notizia dell’ultima ora, apparsa sull’Associated Press: Bush e il suo Ministro del Tesoro Henry Paulson (ex numero uno della Goldman Sachs), annunceranno pubblicamente lunedì prossimo un robusto giro di vite ai sistemi di regolazione e ispezione del disinvolto mondo della finanza. Forse il governo si appresta a fare ciò che dovrebbe da sempre competergli: difendere gli interessi dei suoi cittadini elettori, anziché affidarli ad una lobby privata che ingenuamente si voleva far credere anteponesse l’interesse pubblico al suo proprio*. Il mito del “privato e de-regolato è bello” sta afflosciandosi, non già, come sarebbe stato logico aspettarsi sino ad anni non remoti, sotto i colpi di politici di sinistra (che anzi in Italia vi si sono convertiti in pieno con il governo uscente), ma su richiesta dei precedenti fautori del liberismo più sfrenato: i banchieri. Naturalmente, non per motivi etici, ma per far passare la solita formula di privatizzare i profitti, veri o presunti, finché ci sono, e poi pubblicizzare le perdite, chiedendo l’intervento dello Stato, sino allora sdegnosamente osteggiato. A pagare questa generosità di governi e banche centrali saranno, come sempre, i comuni cittadini, che nulla hanno a che vedere coi misfatti del mondo di CIB, CEO, CFO, COO, etc., ossia dei veri artefici della frode finanziaria globalizzata.
Marco Giacinto Pellifroni 30 marzo 2008
* “Mio nonno non avrebbe mai messo una faina a guardia del pollaio!” (Sandro Pascucci, su: http://www.signoraggio.com/signoraggio_auguricapodanno2008.html)
fonte: http://www.truciolisavonesi.it/articoli/numero148/pellifroni.htm